MONNALISA BYTES

Science Storytelling

17′ 18″
Stereotipi

Lo stigma uccide

Testi Michela Luciani
Immagini Laura Serafin
Si sente spesso parlare di stigma, ma che conseguenze concrete può avere questo complesso processo sociale sulla nostra salute?

Susan Jones ha finalmente deciso di andare dal suo medico per degli episodi ricorrenti di mal di testa che la affliggono da diversi mesi. Ha paura che possa essere un sintomo di qualcosa di più serio. Il suo medico per prima cosa consiglia una valutazione dello stress. Le parla della possibilità di perdere peso e fornisce informazioni su consumo di cibi, una corretta nutrizione. In più le prescrive un esame dell’occhio, degli esami del sangue per valutare colesterolo e glicemia e una valutazione della percentuale di grasso corporeo. Verso la fine della visita il medico esegue un esame fisico completo e prescrive a Susan una visita neurologica. Susan è una donna di 42 anni e lavora part-time come cassiera di un supermercato. Le piace guardare la TV, passare del tempo con i suoi figli e cucinare. È alta 163 cm e pesa 106 kili, la sua pressione arteriosa è leggermente aumentata e i valori di colesterolo normali. Il problema più grande, però, è che Susan non esiste. Susan è un caso clinico standard presentato a metà di un gruppo di professionisti della salute durante un esperimento per valutare lo stigma rispetto al peso. Fonte:Rathbone L’altra metà riceveva lo stesso caso clinico con l’unica differenza che Susan pesava 63 kili. Anche alla Susan con peso minore, veniva consigliata una valutazione dello stress. Il medico eseguiva poi un esame fisico e completo e raccoglieva la sua storia clinica con informazioni specifiche sul ciclo mestruale. Veniva poi prescritto un esame dell’occhio e della vista, una risonanza magnetica, una TAC e una visita neurologica. In ultimo, degli esami del sangue per valutare il colesterolo. Alla Susan con peso minore sono state prescritte 5 procedure legate alla gestione del mal di testa, 5 neutre ed una sola legata al peso. Alla Susan con peso maggiore sono state prescritte 6 procedure legate al peso, due neutre e due alla gestione del mal di testa. Fonte:Rathbone Peccato che il peso della persona, nella letteratura scientifica, non abbia alcuna relazione con la valutazione e il trattamento dei mal di testa. In questo caso, lo stigma legato al peso è costato alla Susan con peso maggiore di non ricevere cure appropriate ed efficaci.

Abbiamo sentito prima o poi tutti parlare dell’effetto farfalla, o della frase “un solo battito delle ali di una farfalla può provocare un uragano dall’altra parte del mondo”. Anche con la pandemia di COVID-19 abbiamo visto come siamo tutti interconnessi e le azioni, anche insignificanti, dei singoli si riverberano sulla collettività. Lo stigma è come il battito di ali della farfalla. Azioni che sembrano insignificanti hanno un riverbero enorme sulla vita e sulla salute della gente. Ma la salute non è semplicemente una causa-effetto lineare. La salute è complessa, ed è influenzata da fattori quali la biologia e la genetica, comportamenti individuali, politiche sociali e welfare, fattori sociali e servizi sanitari. È l’interazione di tutte queste variabili che crea la salute,  e lo stigma è considerato una di quelle che può alterarla. 

Stigma è una parola antica, origina dal greco stig στιγ – ma μα: imprimere un marchio. La storia europea e coloniale è ricca di tristemente note testimonianze dell’utilizzo di marchi fisici per il controllo e la punizione delle persone. Ai criminali greco-romani veniva tatuato sul volto il loro crimine Fonte:Tyler prima di essere ridotti in schiavitù e costretti ai lavori forzati. Nella Francia sette-ottocentesca veniva utilizzato il fleur-de-lis impresso prima con un ferro arroventato poi sostituito con tatuaggi con un codice individuale. Fonte:Wood Nell’America dello stesso periodo, gli schiavi neri venivano marchiati a fuoco in quanto “proprietà”. Fonte:Tyler Immediato il pensiero ad Auschwitz dove i tatuaggi venivano utilizzati per identificare e deumanizzare le persone destinate al lavoro forzato. Fonte:Hoenig 

Azioni che sembrano insignificanti hanno un riverbero enorme sulla vita e sulla salute della gente”.

Oggi abbiamo perso l’accezione di stigma come segno fisico o tatuaggio, e la parola viene concepita con il suo significato astratto di processo sociale che marchia alcuni comportamenti e, per estensione, alcune persone, contro la loro volontà, come meno di valore di altre. Fonte:Link Lo stigma è un processo profondamente radicato nelle società umane e segue un preciso percorso che parte dallo stereotipo per arrivare, attraverso una serie di azioni più o meno deliberate, alla perdita di potere e di status della popolazione discriminata. Fonte:Link Lo stigma può avvantaggiare chi è al potere perché fa rispettare le norme e i valori sociali preferiti, pena l’esclusione dalla società, mantiene il vantaggio del proprio gruppo nella società e tiene lontane persone non desiderate, per evitare malattie o minacce percepite. Fonte:Phelan Le caratteristiche personali sulle quali viene creato lo stigma sono spesso visibili e non possono essere modificate. Non posso infatti decidere di cambiare la mia età, il mio orientamento sessuale o il colore della mia pelle, eppure eppure subisco delle conseguenze a causa di queste caratteristiche, sulla base delle quali posso essere stigmatizzata o premiata in base a quanto esse sono conformi alle caratteristiche desiderate.

La tipologia di stigma che viene più in mente, di solito, è lo stigma interpersonale, che è anche quello più studiato. È lo stigma che avviene all’interno della relazione tra le persone, in cui una parte ha dei pregiudizi impliciti o espliciti verso l’altra e agisce in modo tale da discriminarla e stigmatizzarla. Non sempre la stigmatizzazione è agita in maniera consapevole, perché a volte il pregiudizio è talmente profondo ed implicito che non ci accorgiamo neanche di averlo. Questo però non vuol dire che non abbia conseguenze. Ad esempio, negli USA, un neonato nero ha più probabilità di sopravvivere al parto se curato da medici neri, ma tre volte più probabilità di un neonato bianco di morire se curato da medici bianchi. Fonte:Greenwood Così come, sempre negli USA, la percentuale di morti legate alla gravidanza per le donne nere di età superiore ai 30 anni era da quattro a cinque volte superiore a quello delle donne bianche. Fonte:CDC

È purtroppo noto come le persone transgender e non-conforming abbiano problemi di salute maggiori, come peggiore salute mentale e qualità di vita, più disabilità e malattie croniche rispetto alle persone cisgender. Fonte:Downing Le persone transgender, quando accedono ai servizi sanitari, subiscono linguaggio offensivo nel 30% dei casi (su 10 persone transgender che vanno in ospedale, 3 riferiscono di aver subito offese) e circa una volta su quattro vengono loro negate le cure. Fonte:Rossman Quando lo stigma viene perpetrato in un luogo che dovrebbe essere di cura per tutti per antonomasia, si può instaurare un circolo vizioso: a causa delle discriminazioni subite e delle cure negate la persona inizia ad evitare i servizi sanitari, con conseguente peggioramento dello stato di salute.

Come nell’esperimento iniziale, anche il peso può essere oggetto di stigma interpersonale. Lo stigma legato al peso è così radicato e pervasivo che in uno studio su persone che avevano perso un peso significativo a seguito di un intervento di bypass gastrico, tutti gli intervistati dichiararono che avrebbero preferito avere un peso ridotto piuttosto che essere multimiliardari, e la maggior parte di loro avrebbe preferito perdere una gamba, avere malattie cardiache o essere sordi piuttosto che aumentare di nuovo di peso. Fonte:Rand Lo stigma legato al peso viene dallo stereotipo, senza basi scientifiche, che un peso elevato sia dovuto da una mancanza di disciplina e capacità autoregolazione e che la causa dell’obesità siano la gola o la pigrizia. Fonte:Rubino Esso porta a una peggiore salute mentale, causando ansia, depressione, ritiro sociale, stress e abuso di sostanze. Fonte:Rubino In un altro circolo vizioso, essere esposti al fat-shaming comporta un aumento della probabilità di aumentare di peso, una diminuzione dell’attività fisica e un aumento della mortalità. Fonte:Vogel 

Lo stigma legato al peso è radicato e pervasivo”.

In uno studio su un campione di quasi 5000 studentesse e studenti di medicina, è stato misurato che il 74% di essi aveva dei pregiudizi impliciti verso il peso aumentato, e quasi il 70% aveva anche pregiudizi espliciti, come la paura di ingrassare e la repulsione verso le persone grasse. Fonte:Phelan Si è anche visto che i medici di medicina generale quando visitano persone con Indice di Massa Corporea (IMC) > 30, dedicano loro meno tempo e creano un rapporto meno empatico. Fonte:Phelan Inoltre, è più probabile che valutino l’incontro come una perdita di tempo e che spieghino i sintomi presentati dalle persone come legati a un IMC aumentato, ben più di quanto non sia vero o necessario. Fonte:Phelan Ci rendiamo quindi conto di come sia verosimile che la Susan dell’esperimento iniziale non riceva cure adeguate.

Lo stigma interpersonale è un’esperienza comune tra le donne, che vengono stigmatizzate circa le loro manifestazioni dolorose, specialmente se legate a malattie che gli uomini non sperimentano. L’endometriosi è una malattia infiammatoria cronica e dolorosa in cui materiale endometriale cresce all’esterno dell’utero. Fonte:Sanie 

ENDOMETRIOSI

L’endometrio è il tessuto che riveste l’utero all’interno. È una mucosa ricca di ghiandole e misura tra gli 1 e i 7 mm. È la parte dell’utero che si ispessisce durante le fasi proliferative e secretoria del ciclo mestruale per eventualmente accogliere l’embrione e si sfalda durante la mestruazione, venendo espulso insieme al sangue nel flusso mestruale. Nell’endometriosi questo tessuto si trova in altre parti del corpo, ad es. nelle tube di Falloppio, nelle ovaie, nella parete esterna dell’utero, nella vagina, nel peritoneo e nell’intestino. Più raramente, addirittura in polmoni e cervello.

Nonostante affligga circa 200 milioni di persone nel mondo (circa una donna su dieci), è sotto studiata e non vi è cura. Fonte:Sanie Fonte:Perez Le donne con endometriosi passano in media tra i 7 e i 12 anni dall’inizio dei primi sintomi dolorosi, -sentendosi dire che il loro dolore è normale- prima di ricevere una diagnosi. Fonte:Sanie La dismenorrea, le mestruazioni dolorose, affligge il 70-90% delle persone con utero in età fertile. Fonte:Ju È un serio problema di salute pubblica che ha effetti sulla qualità di vita, la produttività e l’utilizzo dei sistemi sanitari con considerabili costi in termini di farmaci, cure mediche e diminuita produttività. Fonte:Ju Eppure, è ancora considerato come un problema di salute non sufficientemente rilevante da essere studiato. Fonte:Perez Inoltre, spesso le manifestazioni dolorose delle donne tendono ad essere classificate come “psicosomatiche”. Fonte:Perez In un esperimento simile a quello di Susan, questa volta con paziente affetto da mal di schiena, alla paziente donna era significativamente più probabile che venissero prescritti antidepressivi anziché antidolorifici e trattamenti adeguati, in confronto al paziente uomo. Fonte:Perez E questo problema peggiora ancora di più quando le donne sono nere, a causa dello stereotipo con cui si sono legittimati secoli di violazioni dei diritti umani, che esse sentano meno dolore della loro controparte bianca. Fonte:Hoffman

E se pensate che questo non ci riguardi personalmente, uno dei grandi stigmi legati alla salute del nostro tempo è l’ageismo, ovvero la discriminazione legata all’età, e nello specifico di questi esempi, verso le persone di età più elevata. È uno stigma con degli effetti subdoli, ad esempio la depressione spesso non viene trattata nelle persone anziane perché lo stereotipo giustifica il sentirsi tristi quando si invecchia. Fonte:Chrisler Allo stesso modo le donne, nonostante vivano in media più a lungo degli uomini e compongano la maggior parte della popolazione anziana, ricevono meno prevenzione (es. vaccinazioni, screening), trattamenti (es. farmaci per il cuore e riabilitazione) e interventi chirurgici (es. bypass) degli uomini, a causa dello stigma di genere intersecato all’ageismo, che le vede stigmatizzate come “più fragili”, senza alcuna base scientifica a comprovarlo. Fonte:Chrisler  

La depressione spesso non viene trattata nelle persone anziane perché lo stereotipo giustifica il sentirsi tristi quando si invecchia”.

La salute sessuale è già sottovalutata di per sé, nonostante sia una componente del benessere delle persone, ma in misura maggiore nelle persone più anziane. Fonte:Hinchliff Lo stereotipo dell’anziano asessuale porta la maggior parte di essi a provare imbarazzo, vergogna o paura di essere giudicati nel discutere con i professionisti sanitari problematiche di salute sessuale, Fonte:Hinchliff Fonte:Gore a sentirsi ansiosi nel discuterle data la tendenza dei medici a minimizzare questi problemi Fonte:Gore o a pensare che siano una normale parte dell’invecchiamento e quindi non necessari di discussione. Fonte:Hinchliff E questo accade soprattutto alle donne non più in età fertile e che non sono in una relazione monogama e stabile, o che non sono eterosessuali. La causa è lo stigma legato al genere, all’età e all’orientamento sessuale, e il fatto che la salute sessuale spesso non venga ancora separata dalla salute riproduttiva. 

Quando lo stigma viene da dentro

Il secondo tipo di stigma più noto è il self-stigma, ovvero la percezione delle persone di essere socialmente inaccettabili. Il self-stigma (o stigma internalizzato) si sviluppa quando una persona stigmatizzata accetta come vero e interiorizza il ritratto negativo e lo stereotipo che la società fa di lei. Anche questo tipo di stigma ha delle conseguenze inaspettate sulla salute delle persone. 

Prendiamo ad esempio la stereotipia di genere: ai bambini viene ripetuto fin da piccoli che i maschi non piangono, sono forti e non hanno bisogno di aiuto. Quando questi bambini diventano uomini e hanno delle difficoltà nella vita spesso fanno fatica a chiedere aiuto, perché credono che un uomo incapace di risolvere in autonomia i propri problemi sia un uomo emotivo, debole e inadeguato, in sintesi socialmente inaccettabile. Fonte:Cole Il self-stigma è infatti una delle più grandi barriere nella scelta di cercare aiuto per problemi di tipo psicologico e legati alla salute mentale per gli uomini. Fonte:Cole Il circolo vizioso si ripresenta. Essendo meno propensi a cercare supporto psicologico -anche informale con amici, familiari e partner- quando si presentano i sintomi depressivi gli uomini tendono a ritirarsi socialmente, aumentando quindi il malessere. Fonte:Cole

Nelle persone della comunità LGBT il self-stigma è stato associato ad ideazioni suicide e aumento dello stress percepito. Fonte:Reyes Il self-stigma legato al peso è stato associato ad aumento della depressione e dell’ansia. Fonte:Magallares Nelle persone con disabilità fisica il self-stigma è stato associato ad una peggiore qualità di vita. Fonte:Silvan Purtroppo, gli effetti del self-stigma non sono molto studiati e servirebbero più ricerche per capire la vera estensione degli stessi. 

Lo stigma tutto intorno a noi

L’ultimo tipo di stigma, forse quello più nascosto e sicuramente il più complesso, è lo stigma sistemico, intrinseco nelle istituzioni e nei sistemi. Può essere, per dirne alcune, presente nelle leggi, nelle modalità comunicative, nelle politiche, nell’istruzione, nel disegno dei servizi sanitari o delle città. Ad esempio, la pandemia di COVID-19 ha reso esplicito l’ageismo e l’ableismo sistemico nelle policy messe in atto per l’allocazione delle risorse durante l’emergenza sanitaria. Si sono esposte le persone con età più elevata e con disabilità a violazioni dei diritti umani, Fonte:Previtali Fonte:Chen, utilizzato utilitariamente l’età anagrafica come criterio per l’esclusione dalle cure Fonte:Previtali, e, in alcuni casi limite, imponendo DNR alle persone con disabilità Fonte:Chen, di fatto escludendoli dalle cure più avanzate. 

Esistono diversi esempi nella storia di strumenti di uso comune pensati e tarati solo per la pelle chiara, ritenuta “la norma”. Il saturimetro, che utilizza la lunghezza d’onda della luce per misurare la quantità di ossigeno legato all’emoglobina nel sangue, non è così accurato nelle persone con pelle più scura. Fonte:Feiner Anche i rullini fotografici erano stati inizialmente sviluppati per ritratti di persone dalla pelle chiara. Fu l’industria del legno e del cioccolato a spingere la Kodak a fare delle pellicole che riuscissero a catturare toni più scuri. Fonte:Lewis Solo da lì diventarono più funzionali anche per ritrarre persone dalla pelle più scura. Ma il razzismo sistemico ha degli effetti severi anche sulla salute di intere popolazioni. Nei quartieri Americani a prevalenza nera sono investite meno risorse per la salute, e gli ospedali hanno a disposizione meno tecnologie e meno personale. Fonte:Bailey Lo stigma sistemico verso la popolazione nera negli USA si riflette in una netta segregazione residenziale (chiunque abbia mai visitato New York o New Orleans avrà notato che ci sono quartieri “bianchi” e quartieri “neri”). Tale segregazione è associata a effetti sulla salute molto tangibili, come una alta mortalità natale, la maggiore esposizione a inquinanti atmosferici, la minore longevità, maggiore rischio di malattie croniche e maggiori tassi di omicidio e altri crimini. Fonte:Bailey

La deumanizzazione inizia sempre con le parole e finisce con la violenza”.
– Brené Brown

Le parole sono espressione delle nostre rappresentazioni e concetti mentali, e, come increspature sull’acqua, producono un effetto domino che ha conseguenze ben più ampie di quelle immaginate. Ma esserne a conoscenza non è sufficiente, perché gli stigmi sono così pervasivi ché c’è bisogno di un’azione combinata da parte di tutti, a partire dalle parole che usiamo ogni giorno e dalle nostre azioni. 

Nel 2020, è stato pubblicato un documento di consenso internazionale Fonte:Rubino in cui clinici, ricercatori, società scientifiche e gruppi parlamentari si sono espressi verso lo stigma legato al peso e le sue conseguenze, proponendo indicazioni sia per esperti del settore, per i media, per la narrazione pubblica e rappresentazione del peso corporeo. Ma anche, per le scuole e i posti di lavoro, ad esempio l’utilizzo di policy contro la discriminazione legata al peso o l‘affrontare il bullismo legato al peso. Infatti, se vogliamo cambiare il corso del fiume dello stigma dobbiamo costruire una diga, tutti insieme. E ognuno di noi, quale sia il suo ruolo, può fare qualcosa.

Un ruolo fondamentale viene dai mass media, in quanto è sempre più chiaro che siamo quello che consumiamo. Un esempio per tutti è “l’effetto Scully” Fonte:Scully , di cui si era parlato aneddoticamente per anni, chiamato così a causa del personaggio televisivo di Dana Scully, la famosa patologa forense e detective del paranormale di X-Files, telefilm culto degli anni ‘90. Uno studio del 2018 Fonte:Scully ha dimostrato come le donne che guardavano con regolarità X-Files avevano più probabilità di esprimere interesse nelle discipline STEM, di specializzarsi in un campo STEM all’università e di lavorare in una professione STEM rispetto alle altre donne del campione. 

Un altro modo per vedere l’impatto delle rappresentazioni sociali è il famoso Draw-a-Scientist Test, ideato negli anni ’60, in cui viene chiesto a bambini e bambine di disegnare “una persona che lavora nella scienza”. Il test mostra come oggi più bambini e bambine disegnano scienziate donne rispetto al passato Fonte:Miller, ma mostra anche che all’aumentare dell’età dei partecipanti, il numero di scienziate donne diminuisce. Questo è dovuto probabilmente all’esposizione a più scienziati maschi nei loro ambienti di vita, nonostante l’aumento delle rappresentazioni di scienziate donne nei libri per bambine e bambini, in televisione e su internet. 

La rappresentazione nei media e nella cultura pop è importante sia per chi viene rappresentato, sia per ridefinire e riscrivere i tropi narrativi. Ad esempio lo stereotipo del personaggio della cosiddetta “Manic Pixie Dream Girl”, quella ragazza un po’ bizzarra e fuori dagli schemi, sempre bellissima, che si infatua del ragazzo timido e solo e che gli migliora la vita, oppure la “Strong Black Woman”, che perpetra lo stereotipo della donna nera indistruttibile, moralmente superiore, lavoratrice, naturalmente altruista, materna e votata al sacrificio, o ancora la “Model Minority”, che mostra le persone asiatiche come campioni di virtù, naturalmente intelligenti o nerd, desiderosi di rispettare le regole e far parte del sistema. Fortunatamente esistono anche esempi positivi, come This Is Us, Euphoria o Grace & Frankie, in cui personaggi di minoranze etniche, grassi, LGBTQ+, con malattia mentale, o anziani vengono rappresentati in una maniera a tutto tondo e trascendendo le stereotipie e lo stigma. Questo permette da un lato di ridurre il self-stigma, e dall’altro di educare la popolazione generale alla completezza e complessità dell’umanità, per superare gli stereotipi e, quindi, lo stigma. 


Ma non possiamo attribuire la responsabilità del cambiamento sociale soltanto ai media o ai singoli. Lo stigma è generato da forze sociali, culturali, politiche ed economiche, e per combattere lo stigma legato alla salute esistono diversi livelli su cui poter agire. Un cambiamento è necessario a livello politico (leggi e politiche nazionali e locali), sociale (organizzazioni, istituzioni sociali, luoghi di lavoro), culturale (valori culturali, norme, atteggiamenti), familiare (famiglia, amici, reti sociali) e individuale (conoscenze, atteggiamenti, abilità). Fonte:Stangl Ed essendoci molti livelli su cui lavorare, ognuno di noi potrà sicuramente trovare un ambito di azione nella propria vita di tutti i giorni, in base al livello di potere che ha, per fare in modo che il battito della farfalla non si tramuti in uragano e tutti possano vivere il migliore stato di salute possibile.

MICHELA LUCIANI è infermiera e ha un dottorato in Scienze Infermieristiche e Sanità Pubblica. Lavora come Assegnista di Ricerca in Scienze Infermieristiche presso l’Università degli Studi di Milano – Bicocca. La sua ricerca si concentra sul self-care nelle malattie croniche e nella popolazione generale. 

LAURA SERAFIN, classe ’97, si è laureata in NABA Milano in Graphic Design. Appassionata di illustrazione e natura, è volontaria grafica per l’associazione The Black Bag e lavora presso MUGO Climate. Prova un amore spassionato per i suoi cani, la fotografia, gli animali, il mare e i temporali estivi.

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