MONNALISA BYTES

Science Storytelling

8′ 51″

Cellulosa e pigmenti

Testi Stefano Lazzari
Immagini Davide Fraterno
Quali decisioni affidereste al lancio di un dado?

Lucas correva a perdifiato, dirigendosi verso le mura della città, ormai ben visibili. Alte, di una pietra che appariva pallida al chiaro di luna, assistevano impassibili alla fuga del ragazzo, inseguito da due uomini in divisa. 

Ho un bel vantaggio, almeno sul tappetto, quell’altro invece, pur essendo grosso, corre! Però se supero il varco sud e mi infilo nel bosco, li potrei seminare entrambi. 

Sfregò rapidamente il pollice sullo scanner per impronte digitali, la porta si aprì mentre una voce gli dava il benvenuto, ricordandogli che mancava meno di mezz’ora al coprifuoco e gli raccomandava di restare sui sentieri segnalati.

Lucas si sentì giustificato ad ignorare il suggerimento, sperando che l’improvvisazione premiasse la sua fuga. Il bosco in cui si trovava formava un anello intorno alla città ed era circondato da mura da entrambi i lati. Se mi addentro tra gli alberi non mi troveranno mai! Magari riesco anche a rientrare in città e a tornare a casa prima del coprifuoco! 

Intanto il primo dei due uomini era entrato nel bosco. Il piccoletto, un po’ affannato e madido di sudore, gli aveva fatto cenno di proseguire senza di lui. 

Lucas ansimava, ma continuava a correre a buon ritmo. Ma che vogliono quei due? Sono di sicuro del governo, le divise sembrano della Proluo. Ma perché mi cerca la polizia speciale? Per il racconto che ho scritto stamattina? Non ha senso, mi ha già punito la mamma per quello e ha pure informato la scuola e il ministero! 

Un ramo gli graffiò il viso, Lucas continuò per qualche altro metro, calpestando terra, funghi e foglie e poi arrestò la sua corsa per un attimo, restando in ascolto, ma poté sentire solo il suo respiro e il battito accelerato del suo cuore. I suoi grandi occhi verdi si stavano abituando all’oscurità, sembrava non esserci nessuno.

Perché non posso scrivere un semplice racconto, col mio protagonista Hank e il suo modo casuale di prendere le decisioni, tirando un dado? È una storia inoffensiva! Perché mai il governo ha vietato la scrittura? Io ero uscito, come un cretino, con un dado in tasca, a cercar l’ispirazione e tutto d’un tratto mi cerca la polizia!? Lucas, concentrato. Cerca di capire se puoi tornare sui tuoi passi, magari li hai seminati.

Proprio in quel momento sbucò da dietro un albero il più piccolo dei due uomini, e Lucas indietreggiò. Ma come ha fatto il piccoletto a raggiungermi? E dov’è l’energumeno?

“Fermati, voglio solo parlare con te, davvero!”

Un sorriso obliquo comparve sul volto di Lucas. Già, parlare, per questo mi state inseguendo, per fare due chiacchiere? Riprese a correre, i muscoli un po’ doloranti, le fauci secche e un leggero sapore metallico sul palato.

L’uomo che gli si era rivolto estrasse una radio e borbottò qualcosa. Poi ansimò, allentando il colletto della camicia, tesa dalla sua pancia un po’ sporgente.

Che sia stata la mamma a denunciarmi, perché sono uscito nonostante la punizione? O magari era in pensiero, e per questo ha chiamato? Non ci voglio credere! Ma soprattutto, come esco da questo casino? Cosa farebbe il mio protagonista? Hank, tu che te la cavi sempre, che faresti? 

Alcuni minuti dopo, ormai senza fiato, Lucas sbucò su una piccola radura, perfettamente circolare e completamente vuota. Senza alberi, senza protezione, meglio non attraversarla. Frena, Hank non deciderebbe così. Hank tirerebbe un dado, per essere imprevedibile e sfuggire al suo destino. Ok, un numero maggiore di tre e attraverso.

Lucas si inoltrò nella radura, grazie al quattro che era appena uscito, il dado in tasca. Dopo una ventina di passi pensò di aver visto una luce rossa, all’altezza del prato. Si appiattì sul terreno. Hank, che razza di consigli mi dai? C’è qualcuno qui! Guardò meglio, ma la luce rossa sembrava sparita. Restò in ascolto per qualche secondo, non sentì nulla, e decise di continuare.

Procedeva rapido, nonostante non corresse completamente eretto per non essere visto. Poi urtò la testa contro qualcosa di duro e sentì una lieve scossa. Si massaggiò il cranio, passando le mani scorticate dai rami fra i capelli sudati. Ma come può essere? Non c’è nulla, qui! 

La sua mano destra fu d’altro avviso: protesa in avanti, percepì una parete solida e un’altra scossa, leggermente più forte della precedente. 

Raccolse un rametto e riprovò, ma anche il legno sembrava urtare contro qualcosa di apparentemente invisibile. La piccola scintilla che si produsse, gli testimoniò che anche la scossa non se l’era sognata. 

Isolato dal legno continuò a percorrere quello che sembrava un perimetro ben delineato. Ma cos’è? E come arrivo dall’altra parte della radura? Poi sentì una voce chiamarlo. Mi hanno raggiunto! È il piccoletto! Ma come ha fatto, non l’ho nemmeno sentito!

“Ascoltami, non abbiamo molto tempo.” 

“Ma che volete da me?!” chiese Lucas indietreggiando, per poi ricevere ancora una scossa.

“Allontanati da lì! E smettila di scappare, non ce la faccio più, e tanto è inutile!”

Ok, Hank, seconda possibilità, anche se non posso tirare il dado. Se fa un passo verso di me, lo carico, se resta fermo, lo ascolto.

Il piede destro dell’uomo aveva appena accennato a un movimento, che Lucas si scagliò verso di lui. L’agente  fece un rapido passo a lato, leggero come un ballerino, nonostante la stazza, imbrigliò col braccio destro quello di Lucas, e con l’avambraccio sinistro esercitò una forte pressione sul suo gomito. Il ragazzo quasi sentì le ossa spezzarsi e crollò in ginocchio, ansimante. Ma chi è questo?!

“Se ti lascio il braccio, prometti di non scappare?”

Lucas annuì, non riuscendo ad articolare parole per il dolore. Il piccoletto lasciò il suo braccio indolenzito e Lucas se lo massaggiò, mentre si rialzava lentamente. Poi, uno scarto a destra, seguito da uno a sinistra, fecero perdere l’equilibrio all’uomo il tempo sufficiente perché Lucas lo distanziasse nuovamente.

Il piccoletto sbuffò, Lucas lo vide, mentre ormai a distanza di sicurezza si era girato a controllare il proprio vantaggio. L’uomo bofonchiò qualcosa nella sua radio e il ragazzo sorrise compiaciuto. Ben fatto, Hank, lo sapevo che non mi avresti deluso! Lucas stava per abbandonare la radura, rientrando nel bosco, quando qualcosa lo colpì alle spalle e cadde a terra.

“È lui, capo?” chiese il più alto e massiccio dei due uomini.

“Glielo avremmo potuto chiedere se non l’avessi tramortito. Ma credo di sì, lo conferma l’impronta della porta sud, Lucas Kepac. Improbabile che a quest’ora ci sia qualcun altro nel bosco.”

“Lo facciamo sparire? Potremmo dire che è uscito dall’altro lato del bosco, calandosi da un albero.”

“Troppo complicato, e non ti scordare che è la madre ad averlo denunciato. Con un’iniezione di delerina gli cancelliamo le ultime dodici-ventiquattro ore di memoria ed è fatta, molto più semplice.”

“E come la giustifichiamo ai genitori, capo? Sarà ridotto a uno straccio per almeno un giorno, e vaneggerà!”

“Hai letto la circolare oggi?”

“No, perché?”

“Il ragazzo stamattina è stato beccato a scrivere senza permesso, narrativa, pare.”

“Pure? Povera madre! Ma dove vuole arrivare, capo?”

“Il figlio è uno di quelli svegli, fa la scuola scientifica speciale. I genitori sono impiegati semplici, pronti ad accettare qualunque spiegazione purché il figlio continui a frequentare la scuola.”

“E quindi?”

“Diciamo quello che tanto è probabilmente la verità: il ragazzo è cresciuto, ha cambiato metabolismo e vanno cambiati i dosaggi di vitamine e integratori, per questo il comportamento strano di questi giorni. Per non perdere tempo, abbiamo cominciato noi con la prima dose.”

“E questo cambio causa sempre un po’ di scompensi! Brillante, capo, lei è davvero il migliore!”

“Ok, ok, grazie, Carter. Ora dagli la delerina insieme a vitamine e integratori per adulti, poi portalo da sua madre, che sarà in pensiero.”

“E lei, capo?”

“Io vado a dormire. Dì alla madre che andrò a trovare suo figlio dopodomani, per assicurarmi che sia tutto a posto.” 

Il vice-detective Jones si presentò a casa Kepac due giorni dopo, col suo eccentrico panciotto sotto la giacca blu governativa. Anne Kepac lo accolse con deferenza e un caffè un po’ lento. 

Jones le chiese, con la sua voce profonda, se suo figlio stesse meglio. Anne disse che le nuove vitamine erano miracolose, ed esclusa un po’ di stanchezza, Lucas stava bene, faceva i compiti in camera sua. 

Jones la lodò per come si prendeva cura del suo ragazzo, così promettente, e che un po’ di stanchezza col cambio delle vitamine era normale. 

Poi le chiese di poter andare a trovare Lucas nella sua stanza, per parlare qualche minuto con lui. Anne, onorata della cosa, disse che lei nel frattempo avrebbe preparato un altro caffè. 

Jones, arrivato da Lucas, chiuse la porta dietro di sé e gli sorrise. 

“Ciao Lucas, sono il vice-detective Jones. Ti ho trovato due notti fa, ti eri perso nel bosco. Stai meglio, ora? Ricordi qualcosa, di quel che hai fatto, o visto quella notte?”

Lucas scosse la testa. 

“Non ricordo nulla degli ultimi giorni.”

Jones attivò il piccolo jammer nella tasca del suo panciotto e lo schermo del pc di Lucas iniziò a sfarfallare. Poi proseguì, avvicinandosi a Lucas e parlando a voce più bassa.

“Non ho molto tempo, Lucas, ascoltami bene. Due giorni fa, a scuola, hai iniziato a scrivere un racconto. Non mi guardare così, non fa nulla. Ti andava e l’hai fatto. Sono venuto a trovarti oggi, per darti questo. Sai cos’è? È un quaderno, di carta. Non c’è solo nei musei, come dicono. Con questa penna, a inchiostro, ci potrai scrivere sopra. Libertà totale, nessun controllo. Scrivici quello che vuoi. Se dirai che l’hai avuto da me finirai nei guai, nessuno ti crederà. L’alternativa è che tu ti tenga il quaderno e accetti di vedermi, una volta al mese. Dirai a tua madre che vuoi entrare a far parte della scientifica della Proluo e vuoi parlare con me dell’ambiente lavorativo. Hai molte domande, lo so, ma per ora te le tieni. Mettiamola così, tu lavori per me, ok? Sotto copertura. Nascondi il quaderno, nascondilo bene. Osserva tua madre, cerca un posto dove non lo troverà mai. E chiedile di chiamarmi, fra un mese. Chiaro?”

Il ragazzo annuì, come in trance. Jones tornò da Anne, prese il suo secondo caffè e le lasciò il suo numero, per qualunque evenienza.

Lucas nascose il quaderno e la penna nello spazio fra l’armadio e il soffitto. Lo strato di polvere che trovò gli sembrò rassicurante. Prese un dado da uno dei suoi giochi in scatola. Se esce un numero maggiore di tre, faccio quello che ha detto Jones.

Uscì tre. Lucas prese il dado, guardò in direzione del quaderno, in cima all’armadio. Poi tirò ancora. Sei, lo sapevo!

CONTINUA…

STEFANO LAZZARI è nato e cresciuto a Milano, dove si è laureato in Ingegneria Chimica, al Politecnico. Dopo il dottorato all’ETH di Zurigo ha fatto ricerca a Boston, presso l’MIT, occupandosi di modelli matematici che descrivono la formazione di materiali polimerici, colloidali, e semiconduttori. Vive a Francoforte dove fa ricerca in un’azienda chimica. Nel tempo libero legge, balla il tango, gioca a scacchi e scrive. Qui trovate alcuni racconti che ha scritto durante gli anni a Boston.

DAVIDE FRATERNO si rilassa creando armonia e gestendo gli incarichi. Fluttua tra impulsi creativi ed istinti razionali organizzativi. Basta poco per attirare la sua curiosità, e se si parla di musica è già in pista. Si occupa di graphic design, art direction, fotografia, videomaking, web design ed animazioni digitali 2D e 3D. Non si ferma davanti ad un ostacolo, anzi, è sempre stimolato ad oltrepassarlo per uscire dalla propria zona di comfort.