MONNALISA BYTES

Science Storytelling

3′40″
Special Bytes

Arancia Meccanica

Testi Emma Gatti
Il cibo è di moda?

Ci sono solo due cose nell’essere umano che uniscono una necessità biologica a un piacere fisico e mentale. Il sesso e il cibo, e solo una delle due va soddisfatta ogni giorno e la si consuma in gruppo. Dobbiamo mangiare, e ci piace mangiare. Il corpo ha bisogno della sua benzina, ma se il cibo fosse solo nutrizione mangeremmo ancora bacche e radici, o ci staremmo già nutrendo di pillole. La necessità di nutrirsi e la disponibilità di risorse sono solo parte della spiegazione nel menù dell’essere umano. Non mangiamo cani e gatti, sebbene sarebbe più facile cacciarli o allevarli di una mucca o di un cinghiale, gli induisti non mangiano le mucche, i musulmani il maiale. Dai Sumeri in poi, l’uomo ha impiegato fatica e risorse per mangiare non solo quello di cui ha bisogno, ma quello che gli piace, o che crede giusto mangiare. Crea banchetti nelle occasioni liturgiche, prepara dolci per le feste, cosparge di grasso le carni che ha faticosamente cacciato, e nel corso dei secoli ha dedicato un’attenzione da scriba e una fatica da Ercole per circondarsi di tutte quelle sostanze -mangerecce e non- che oltre a nutrirlo gli danno una scarica positiva. Da una bacca ha tirato fuori il caffè, da un frutto il vino, da una pianta, la birra. Da quando abbiamo imparato a cucinare, cerchiamo e -se possiamo- abusiamo di dolci, di grassi, e di sostanze che ci danno dipendenza. E non mangiamo tutto in qualunque situazione. Abbiamo le nostre preferenze, i nostri riti, sacri o pagani che siano, le nostre usanze. Essendo che chiunque deve mangiare, il cibo diventa un simbolo di ciò che siamo, e ci sono tipi di cibo tante quante sono le mode, la musica e le tradizioni. 

Ma una volta che il cibo c’è in abbondanza, come da noi in Europa negli ultimi decenni, la moda prende il sopravvento sulla necessità, e la voglia di novità, di trasformare il cibo in identità, si insinua sotto il velo della parola “salute” o, di recente, “ambiente”. Il cibo come moda può avere diverse forme. È una spinta fortissima dietro le parole “sostenibilità”, “locale”, “naturale” o “organico”. Sta anche dietro alle diete ad esclusione, la dieta senza carboidrati, la dieta senza proteine, la dieta zero-grassi, la paleo-dieta, la dieta del brodo, la dieta del mezzo-digiuno, la dieta del digiuno completo. 

Ma dove si traccia la linea tra utopia occidentale della ricerca della vita perfetta ed effettiva necessità?
Quali sono i tangibili e misurabili problemi relativi al cibo di oggi e di domani, e quali sono capricci da primo mondo?” 

Escludendo il punto di vista etico, che si basa su valori personali e che quindi può essere condivisibile o non condivisibile, ma sempre rispettabile, la diminuzione del consumo di carne e pesce è una necessità con basi scientifiche? Se sì, quali? Si potrebbe ricostruire una dieta umana alternativa su larga scala che riduca il consumo di carne animale? E se sì, come? E quali sono le possibilità alternative proposte dalla genetica e dalle nuove frontiere della biotecnologia? Lo abbiamo chiesto a una serie di esperti che si occupano di cibo, di sostenibilità ambientale, di soluzioni biotech per l’alimentazione di domani, i quali hanno riflettuto assieme a noi sulla state-of-the-art dell’industria alimentare, delle nuove frontiere dell’alimentazione, e sulle nuove prospettive per sfamare il Mondo intero nel terzo millennio. 

Alcuni problemi che noi non vediamo infatti sono evidenti se si guarda oltre il mondo occidentale. Se da un lato abbiamo un miliardo di persone che devono affrontare problemi di salute dovuti all’eccesso di cibo, o all’eccesso di alcuni cibi, dall’altro ci sono cinque miliardi di persone che hanno il problema opposto (nel 2013 uno studio di Lancet attribuiva circa metà delle morti infantili sotto ai cinque anni alla mancanza di cibo). L’Europa potrebbe avere questo problema tra cent’anni? L’altro lato della moneta del poter usare il cibo come piacere è infatti il rischio di un consumo eccessivo e troppo veloce delle risorse. Il mangiare come una mostra di sé e del proprio status sociale, ruolo, religione, razza o nazione persisterà negli esseri umani come simbolo di comunicazione, ma potremmo essere all’inizio di un secolo non più caratterizzato da abbondanza e possibilità di scelta. Un secolo in cui il semplice bisogno fisiologico di nutrirsi potrebbe prendere il sopravvento. Nel Medioevo ci si uccideva per un pugno di farina. Quanto siamo lontani da quel momento, e cosa faremo se succederà?

In questo speciale: