MONNALISA BYTES

Science Storytelling

5′ 7″

AstraZeneca contro tutti

Testi Emma Gatti
Il vaccino AstraZeneca è così rischioso come la gente immagina?

La maggior parte di noi usa la statistica come l’ubriaco usa il lampione. Più per supporto che per illuminazione
Andrew Lang (1844-1912), storico, antropologo e poeta scozzese

Con il contributo di Stefano Lazzari

Quando ci si sente investiti dalle opinioni altrui è tranquillizzante ancorarsi alla razionalità fredda dei numeri (i tarocchi dell’epoca moderna). Una volta capito il numero, ognuno di noi può decidere cosa farne.  Personalmente mi piace un approccio alla Yoda (o ci credi o non ci credi, non ci puoi credere a metà), ma capisco che la mente umana è tale che oggi crediamo ai numeri perché ci fanno comodo e domani crediamo al sangue di San Gennaro per lo stesso motivo. Un mio collega macedone -fisico e costruttore di raffinati spettrometri di massa destinati all’atmosfera venusiana- se gli cadeva il sale ne buttava un pizzico dietro le spalle e sputava per terra verso sinistra (per scacciare il demonio). È un paradosso ma non una contraddizione, le due cose convivono tranquillamente in ognuno di noi. 

I numeri che stiamo per presentare hanno una barra dell’errore alta, dovuta al fatto che sono numeri “freschi”, non sono suddivisi per sesso e fascia d’età, mettono diversi tipi di trombosi a confronto, e non tengono conto di patologie e condizioni personali. È un modo di dire che vanno presi con un limite di scetticismo, e che non vanno in alcun modo sostituiti al parere del vostro medico curante. Detto questo, una barra dell’errore alta non significa che i dati non ci possano dare delle indicazioni utili.  

Fonti: dati Johnson & Johnson da qui (aggiornati 13 aprile 2021); dati AstraZeneca da qui (aggiornati 31 marzo 2021); dati pillola anticoncezionale dall’informativa AIFA. Dati AstraZeneca relativi al Regno Unito,  dati sulla pillola relativi all’Italia. 

Johnson & Johnson e AstraZeneca, che sono stati ritirati e vietati temporaneamente in alcune nazioni, hanno riportato un’incidenza di coaguli sanguigni rispettivamente dello 0,0001 e 0,0004% (il numero di fatalità è ancora più basso). Questo significa che i coaguli sanguigni che provocano la trombosi venosa usando AstraZeneca si verificano in circa 4 casi su un milione. I dati sulla pillola indicano che il rischio in quel caso è di circa 1100 casi su un milione all’anno, che significa che prendere la pillola è duecentocinquanta volte più rischioso, in termini di trombosi, rispetto a farsi il vaccino (il rischio di trombosi legato alla pillola non aumenta con l’uso o con l’andare del tempo: come con il vaccino, inizia dopo l’assunzione della prima dose e di solito si verifica nei primi tre mesi). 

Un articolo del Guardian Australia è contrario a confrontare il rischio di coagulazione associato al vaccino con l’assunzione della pillola contraccettiva. Suggeriscono che la pillola sia associata a trombosi meno mortali, e che quindi ci sia il rischio di confrontare le mele con le pere. I fenomeni sono effettivamente diversi, ma secondo noi il confronto vale la pena per esplorare come si reagisca diversamente a rischi cui siamo “abituati” (la pillola) rispetto a rischi “nuovi” (il vaccino).  Milioni di donne ogni giorno prendono la pillola: i rischi ad essa legata sono ben noti e rimangono ragionevolmente alti, indipendentemente dal rischio di AstraZeneca.

C’è quindi da chiedersi perché gli USA, la Germania e la Danimarca abbiano sospeso o limitato  la distribuzione del vaccino, visto che le probabilità sono così basse (gli USA hanno sospeso il Johnson & Johnson per tre settimane -ma il New York Times ha annunciato che le vaccinazioni dovrebbero riprendere entro la fine di aprile- mentre la Germania utilizza AstraZeneca solo per gli over 60). I governi sono diventati allarmisti? Entra in gioco la probabilità condizionata, che ci permette di rispondere alla vera domanda: queste percentuali sono uguali per tutti, o ci sono categorie più a rischio di altre? In altri termini, la probabilità che una trombosi venosa si verifichi in seguito a una vaccinazione  è di 4 casi su un milione per chiunque, indipendentemente da qualunque altra caratteristica (p.es. l’età, o il sesso), oppure colpisce magari i ragionieri uomini over 42 di nome Ugo (stile nuvola di Fantozzi)?

Dire che i casi di trombosi da vaccino AstraZeneca sono 4 su un milione è corretto, ma questo non tiene conto che il rischio non è uniformemente diffuso nella popolazione. Per esempio, le donne sotto i sessant’anni sembrano avere un rischio più alto. Una ricerca di Cambridge ha pesato i rischi-benefici, traendone una tabella interessante. Tenendo conto dell’incidenza sulla popolazione “a basso rischio di esposizione” (2 persone ogni 10,000) -quindi escludendo tassi di rischio più alti a causa di malattie pregresse o esposizione più elevata al virus (come durante la prima ondata del marzo 2020, quando c’era molta più gente ammessa in terapia intensiva perché non si sapeva ancora bene come trattare la malattia)- i benefici del vaccino sembrano surclassare quelli del rischio trombosi (eccetto per gli under-30s). 

Prendendo ad esempio la mia fascia d’età, la 30-39, il vaccino ogni 16 settimane evita che 27 persone su 1 milione vengano ammesse in terapia intensiva a causa del Covid-19 (assumendo un’efficacia del vaccino dell’80%). Al contempo, circa 8 persone su un milione rischiano di sviluppare coaguli sanguigni a causa dello stesso. Le stime di rischio e beneficio sono basate su casi reali riportati fino al 31 marzo e 3 aprile 2021 rispettivamente.

Questa analisi costi-benefici spiega perchè l’EMA ha dichiarato che i benefici del vaccino continuano a superare i rischi.  Inoltre, il margine di beneficio aumenta man mano che aumenta l’età. Per la fascia d’età 60-69 il vaccino permette di evitare la terapia intensiva a 141 persone su 1 milione, mentre causa i coaguli a 2. Questo significa che più o meno a chiunque sopra i trent’anni, escludendo soggetti a rischio di trombosi o con patologie pregresse, conviene farsi il vaccino, sia esso anche AstraZeneca. E se il Covid fosse un po’ più aggressivo, con 6 casi ogni 10000 persone, come nel Regno Unito a Febbraio 2020? I numeri in favore del vaccino diventano ancora più schiaccianti, per tutte le fasce d’età, under 30 compresi. 

Dati dal Cambridge Winton Centre for Risk and Evidence Communication (basati su una incidenza del Coronavirus di 2 per 10,000 individui al giorno nel Regno Unito). 

Quindi conviene fare il vaccino? Dipende da cosa intendiamo per “conviene”. Conviene fare il vaccino nel senso che al momento i numeri indicano che abbiamo più possibilità di ammalarci seriamente di Covid che di avere una trombosi venosa a causa di AstraZeneca. La convenienza cambia anche a seconda del luogo e dello stile di vita. Questi numeri sono calcolati sulla base del Regno Unito, un paese con un’alta popolazione e ad alto rischio Covid (simile all’Italia). Tale “convenienza”potrebbe essere diversa per una popolazione remota che vive in Tasmania. 

Come spesso accade, la linea di confine tra il problema politico e quello scientifico è difficile da definire, e sembra che ogni Paese ormai decida per sé. Ancora più difficile è definire il ruolo della propaganda e dei media nel diffondere numeri e fatti. Per evitare di sottostimare i rischi resta importante ribadire che AstraZeneca è stato soggetto di una indagine da parte dell’EMA, che ha dichiarato la trombosi come raro effetto collaterale per le donne sotto ai 60 anni. Dall’altro lato però è importante anche dire che l’EMA ha riaffermato che i benefici complessivi del vaccino continuano a superare i rischi, e questi dati indipendenti sembrano confermarlo. Del resto se non ci vacciniamo diamo più possibilità al virus di mutare (ridurre la trasmissione riduce le opportunità di mutazione) e di continuare a tenerci sotto scacco per un bel pezzo.


Over The Pop

NUTS | Presentato al Sundance Film Festival nel 2016, il documentario animato della regista indipendente Penny Lane parla del dottor J.R. Brinkley, influencer degli anni ‘30, pioniere dell’info-pubblicità, venditore di fumo nonché inventore di quella che per un po’ fu considerata la soluzione al Re dei problemi. La domanda che la regista ci chiede è: perché ci rifiutiamo di vedere la realtà e crediamo a ciò che ci piace credere? Da guardare!

UNDER THE SUN | Niente dimostra come la realtà sia fin troppo facile da fabbricare come il documentario di Vitaly Mansky,  invitato in Corea del Nord per girare un documentario di propaganda. Alla fine di ogni giorno le riprese non volute venivano cancellate dai Coreani, ma Mansky conservava delle copie di backup e ha usato questi spezzoni per assemblare il documentario del documentario. Il film ci permette di sbirciare nella produzione della propaganda nordcoreana.


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EMMA GATTI è una scienziata con una laurea in geologia presso l’Università degli Studi di Milano – Bicocca, un dottorato in geochimica presso l’Università di Cambridge, e sei anni di esperienza da ricercatrice presso il NASA Jet Propulsion Laboratory e il California Institute of Technology di Pasadena. Dopo 12 anni all’estero è tornata a Milano e ha co-fondato Monnalisa Bytes, di cui è anche scrittrice e science editor. Le piacciono i fumetti, i gatti neri e i messaggi vocali.