Il mondo potrebbe finire oggi? Non ti preoccupare. In Australia è già domani.
– Charles Schultz (1922, 2000), fumettista e illustratore statunitense
Qualche giorno fa parlavo con un’amica che non vedo da anni ma alla quale sono legata da una profonda amicizia. Anche lei è, come molti miei amici, ciò che chiamo una cittadina di nazione terza: è nata in A, ha studiato in B e vive in C. Parlavamo di quarantene Covid, io di quella italiana e lei di quella israeliana (come sono cambiate le conversazioni vero? Un anno fa avremmo parlato di uomini). Mi raccontava delle differenze tra Israele, il paese da cui proviene, che obbliga chiunque rientri in patria a portare un braccialetto con GPS per controllarne gli spostamenti, e la Germania, il paese in cui vive, che non permette scambi di dati personali al punto che nemmeno gli organi pubblici, tra di loro, si possono scambiare informazioni sui pazienti di Covid.
Questo mi ha portato a chiedermi come ogni nazione stia mettendo in atto la richiesta di isolamento. È facile dire “resta in casa per due settimane”, ma come controlli che venga effettivamente fatto? Sto forse rivelando la mia italianità nel fare questa domanda, che presuppone che la gente non segua le regole a meno che non sia controllata e costretta? Forse, ma seguitemi lo stesso.
La quarantena è stata giudicata da questo articolo di Nature non come il metodo più efficace per abbassare l’indice Rt (spoiler: le più effettive sono curfew, lockdown e la chiusura di ogni luogo nel quale la gente si può incontrare – lavoro, bar, scuole ecc..-, ma tali misure vengono anche definite dagli autori “l’opzione nucleare”, ovvero tanto efficienti quanto distruttive per la società, l’economia, il commercio e i diritti umani), ma resta uno degli strumenti più diffusi per arginare la pandemia. Quella che segue è una panoramica di interviste fatte a colleghi, amici e conoscenti in giro per il mondo, che si sono gentilmente prestati per farci capire che volto ha la quarantena a 10 mila chilometri da qui. Perchè forse è un po’ “Dimmi che quarantena fai, e ti dirò chi sei”. Buona lettura!
Israele ha chiuso i porti da un anno, e solo i cittadini residenti in Israele possono entrare e uscire dalla nazione. Dopo aver sperimentato di tutto, dalle misure contro-terroristiche prese in prestito al Mossad, a un sistema di tracciamento un po’ controverso controllato dal Ministro della Sicurezza, al momento chiunque rientri dopo un viaggio all’estero ha due opzioni: indossare un braccialetto elettronico dotato di telerilevamento, che permette alla polizia locale di accertarsi che la quarantena non sia stata violata, oppure passare la quarantena in hotel (a spese dello Stato). Apparentemente anche la Corea del Sud, Hong Kong e la Bulgaria hanno adottato questa misura. Per qualche informazione in più sui braccialetti elettronici leggete qui (in ebraico, ma Google traduce facilmente)
In Svezia la strategia di contenimento è stata abbastanza “rilassata” nella primavera del 2020, ma è diventata gradualmente più severa. Pochissime persone indossano le mascherine, e non è necessario firmare nei ristoranti (che sono ancora aperti). I viaggiatori provenienti dall’Europa devono mostrare un test negativo al momento dell’ingresso e si raccomanda una settimana di quarantena.
Le quarantene sono solo una raccomandazione, non vengono applicate rigorosamente. Ma se sei un cittadino non svedese che viaggia da fuori dell’UE, hai bisogno di qualche tipo di eccezione per essere lasciato entrare.
Dalla mia esperienza, la popolazione si divide in due gruppi bimodali. Alcuni sono molto attenti, e non hanno incontrato una sola persona (a volte anche membri della famiglia) al chiuso per un anno. Altri sembrano far finta che non ci sia nessuna pandemia, anche ora nel mezzo di una terza ondata: il bar di fronte al mio palazzo è un hotspot per i giovani nei fine settimana, nonostante la vendita di alcolici sia vietata dopo una certa ora. Anche i centri commerciali sono affollati nei fine settimana. All’inizio l’Autorità della Salute Pubblica non aveva incoraggiato l’uso delle mascherine, con l’idea che non fosse un metodo efficiente per fermare la diffusione della pandemia. Questa posizione è leggermente cambiata negli ultimi mesi, ma la gente è ormai così abituata a non indossarle che il comportamento sembra difficile da cambiare.
[Se volete saperne di più su come è andato l’esperimento in Svezia, il New Yorker ha appena pubblicato un dossier che potete trovare qui. Spoiler: è andata abbastanza bene, ma hanno perso molti anziani nelle case di cura]
Per gestire il tracciamento e le quarantene il governo del Qatar ha creato una app (tipo Immuni) che si chiama Ehteraz – prevenzione in arabo- che è obbligatorio avere e scaricare e accendere quando si lascia la propria abitazione. Con questa app, che funziona con color-code, se sei “verde” puoi entrare nei luoghi pubblici e ti viene controllata all’ingresso assieme alla temperatura. Funziona con bluetooth e ti manda notifiche nel caso tu sia vicino ad un caso sospetto.
In generale, in caso di quarantena a casa, si ha un test prenotato il giorno 6; bisogna rispondere alle chiamate e essere d’accordo a ricevere visite dal “public health team” adibito al controllo. Nel periodo della quarantena, l’app cambia da verde a gialla. In caso di positività al Covid-19, il Ministero della Salute decide se disporre la quarantena a casa oppure la quarantena in un centro Covid (non un ospedale ma una sorta di hotel/posto alternativo nel caso tu viva con altre persone che non sono tuoi familiari). In questo caso la quarantena dura 14 giorni e il colore della app Ehteraz viene cambiato da verde a giallo. Chiaramente se il tuo colore è “giallo” non puoi uscire di casa.
In caso di viaggio, se si ritorna da un paese della cosiddetta green list, oltre ai tamponi si deve osservare la quarantena a casa per 7 giorni. Se si ritorna da un paese non sulla “green list” (per esempio i paesi con nuove varianti Covid), per tornare in Qatar si deve obbligatoriamente prenotare a proprie spese una settimana di quarantena in un hotel covid-19 in Qatar. Se torni da un qualsiasi paese ma sei vaccinato (con vaccino fatto in Qatar), la tua app sarà gialla/grigia (non sono ancora sicura del colore perché è una nuova regola) solo fino a quando non ricevi il risultato del test, e NON devi fare quarantena.
Nel marzo 2020, durante la prima ondata, in Quebec le regole erano caotiche. Ogni negozio non essenziale è stato chiuso e le mascherine sono diventate obbligatorie, così come la distanza di 2 metri (che qui si misura come la lunghezza di un bastone da hockey!). Per quanto riguarda l’immigrazione, per regola del governo federale canadese la quarantena era fissata a 2 settimane. Le persone ricevevano telefonate dall’immigrazione durante questo periodo per assicurarsi che fossero a casa.
Poi è arrivata la seconda ondata, e siamo in isolamento dal 1° novembre 2020. I bar e i ristoranti sono aperti solo per il take out e le consegne (UberEats ha un certo successo qui…). Con l’arrivo dell’inverno tutte le attività sono riprese al chiuso e sono state applicate molte misure per contenere l’esplosione del virus. La provincia è stata poi separata con un codice colore a seconda del numero di casi. Montreal è stata da allora in zona rossa (il peggiore). Dalla fine di novembre esiste un coprifuoco dalle 8 di sera nella zona rossa e dalle 9:30 nella zona arancione. Questo è rafforzato dalla polizia che pattuglia le strade ed emette multe fino a 1.000$ (1.000$! Che diamine! Chi ha 1.000 dollari sul proprio conto corrente!).
Per quanto riguarda coloro che viaggiano, i 14 giorni di quarantena sono rinforzati, con qualcuno che si presenta alla porta a controllare, a volte più di una volta durante il periodo di isolamento. C’è anche un aggiornamento giornaliero obbligatorio del tuo stato di salute tramite un’app del governo. Da metà febbraio, a tutti coloro che entrano in Canada viene chiesto di trascorrere la quarantena in una stanza d’albergo (circa 6.000 dollari canadesi per 2 settimane, a carico del turista).
Su una nota più personale, direi che l’attuazione delle misure governative varia in ogni paese (per esempio il nostro vicino più vicino, gli Stati Uniti!), ma dipende anche dalla mentalità di fondo della società. Ricordo di essere rimasta abbastanza sorpresa quando sono arrivata in Quebec, poiché la gente rispettava le regole. In Francia [n.d.r Julie è francese] c’è una mentalità non scritta che ogni regola è lì per essere aggirata. Qui non è così, al contrario.
Su una nota più positiva riguardo alla politica del governo e alla pandemia, ai canadesi che hanno perso il lavoro durante la pandemia è stato concesso un Canada Emergency Response Benefit (CERB), di circa 2000 dollari al mese. Inoltre, molti fondi governativi sono stati assegnati a tutte le imprese che hanno sofferto per la chiusura o per le diverse misure sanitarie.
A Bogotà le quarantene sono autoregolate. Ci si fida del fatto che la gente esca il giorno previsto e che resti a casa quando è necessario. Ci sono attive campagne di educazione civica per sottolineare l’importanza dell’isolamento per prevenire la diffusione del virus. C’è una storia di questo tipo di campagne a Bogotà, negli ultimi 20 anni o giù di lì sono andate avanti costantemente su diversi temi (ad esempio rispettare le regole del traffico, abbassare l’aggressività, non bere e guidare, ecc.) Si parla di “educazione del cittadino”, che è più un’educazione civica. Oltre a questo, ci sono controlli casuali della polizia per le strade e gli uffici governativi, le banche, i mercati… ecc controllano i documenti d’identità alla porta.
Di conseguenza, il piano Covid di Bogotà funziona a metà strada tra Oslo e Rio de Janeiro. C’è il rispetto di una grande percentuale della popolazione così come molti casi di inosservanza delle norme. Inoltre, ci sono molte eccezioni alle eccezioni di mobilità, credo 46 casi diversi o qualcosa del genere.
Piccola curiosità: a Bogotà e in altre grandi città della Colombia c’è un sistema di mobilità limitata in cui i cittadini possono uscire di casa in base al loro numero identificativo di cittadinanza. I cittadini con un numero di identificazione pari possono uscire nelle date pari, e i cittadini con numeri dispari nei giorni dispari del mese. Prima della restrizione di mobilità basata sulla carta d’identità, c’era stata una prima restrizione basata sul sesso: le femmine potevano uscire nei giorni pari e i maschi nei giorni dispari. Tuttavia ci furono molte controversie, e fu rapidamente abbandonato. C’erano forti sostenitori di questa misura, compresi gruppi femministi che sostenevano che l’iniziativa creava un ambiente molto più sicuro per le donne di vivere la città. Personalmente mi piaceva l’idea. Ma c’erano anche forti critici che sostenevano che questa fosse un’iniziativa discriminatoria.
Gli Ungheresi sono estremamente severi sui controlli delle persone che rientrano in Ungheria dopo un viaggio all’esterno. La polizia rafforza la quarantena andando a bussare alle porte dei quarantenati, per controllare che siano a casa. Teoricamente dovrebbero venire ogni giorno per tutti i 10 giorni di quarantena. Il controllo è molto severo se rientri in aeroporto, ma non se passi la frontiera con la macchina. I turisti senza residenza in Ungheria al momento non sono ammessi. Il governo Ungherese si è auto-autorizzato a poter tracciare il telefono dei civili, e usano il GPS per tracciare gli spostamenti di coloro che sono in quarantena.
L’Australia ha la quarantena obbligatoria in hotel per chiunque rientri dall’estero (a spese del passeggero), eccetto per i voli provenienti dalla Nuova Zelanda.
Viaggiando regolarmente tra Regno Unito e Italia per lavoro posso commentare sul contrasto tra questi due paesi, entrambi gravemente colpiti dal Covid.
Il Regno Unito ha una quarantena per chiunque torni da oltremanica (10 giorni con test Covid richiesti il giorno 2 e il giorno 8 pagati dal viaggiatore -circa £240-, ma è possibile “testare per rilascio abbreviato” il giorno 5 per £120 extra- anche se si deve ancora fare il test il giorno 8). Se si arriva nel Regno Unito da un paese della “lista rossa” si deve stare in un “hotel di quarantena” – sempre a proprie spese – circa £1750 – per 10 giorni.
Attualmente è necessario un motivo valido per entrare in uno dei due paesi (lavoro, studio, residenza, ma non vacanza, ecc.) e in Italia, quando si viaggia dal Regno Unito, è necessario entrare in quarantena per 14 giorni e fare un tampone all’arrivo. In alcuni punti d’ingresso (negli aeroporti di Milano e Roma per esempio) si viene condotti attraverso un’area speciale e il tampone viene fornito gratuitamente. In ospedale i tamponi RT-PCR (gli unici attualmente accettati per viaggiare) si possono fare per 60-80€, circa la metà del prezzo di un test nel Regno Unito, ma l’industria britannica dei test nega ferocemente qualsiasi profitto. Coloro che rientrano dall’estero vengono più o meno lasciati da soli, in una sorta di fiducia nel rispetto delle regole della quarantena. La tua posizione può essere controllata mediante telefonata (su un telefono cellulare?), e la minaccia di una visita di controllo in effetti esiste.
In Italia, l’esperienza mostra che nessuno ha controllato che la quarantena fosse rispettata. Nonostante la vaccinazione, almeno nel Regno Unito, i tamponi saranno ancora richiesti dopo l’arrivo.
Se non ne avete avuto abbastanza di pandemie, ecco qualche film di nicchia per il weekend.
THE CASSANDRA CROSSING | visto che siamo nel mood di Svedesi ribelli che non seguono le regole, ecco un bizzarro film degli anni ‘70 con Sophia Loren e Burt Lancaster che racconta di un gruppo di terroristi Svedesi che attaccano l’OMS, si contagiano per sbaglio con un virus misterioso creato in laboratorio e contagiano a loro volta, nella fuga, un intero treno svizzero diretto a Stoccolma. Il treno arriverà in orario?
THE BAY | Il figlio naturale di The Blair Witch Project – per lo meno in termini stilistici – il mockumentary mostra un’intera cittadina che impazzisce a causa di un virus che si diffonde nell’acqua. Di per se non un gran che, ma, esattamente come The Blair Witch Project, ci sono dei momenti in cui quasi ci credi.
PONTYPOOL | Uno di quei film che ho dovuto chiamare quello che me lo aveva passato per farmelo spiegare. A Pontypool la pandemia si diffonde attraverso il suono -simile in concept a Birdbox (in Birdbox ci si ammala attraverso la vista anziché l’udito) anche se meno elaborato e senza la grandissima Sandra Bullock- e a raccontarcela è un vecchio dj-cowboy con il vizio e la voce del whiskey alle sette del mattino. Claustrofobico e inaspettato.
Questo articolo è apparso per la prima volta sulla nostra newsletter quindicinale. Per essere al passo con il dibattito scientifico, entrare a far parte della community di Monnalisa Bytes e ricevere in anteprima tutte le nostre newsletter iscriviti qui!