“Anch’io vorrei sbarazzarmi della Federal Reserve! Vorrei che il denaro fosse controllato da un computer.”
Milton Friedman (1912-2006), economista e statistico americano, premio Nobel per l’economia nel 1976
Bitcoin. C’è chi ne parla come la nuova alternativa pulita e democratica al sistema bancario. Un gigantesco esperimento socio-economico che potrebbe aprire la strada a una finanza nuova, sdoganata da un sistema di controllo centrale. E chi pensa che siano solo una bolla destinata a scomparire, o, peggio ancora, il primo passo verso un tracollo finanziario globale. Abbiamo cercato di non parlarne finchè era una storia legata ai twitter di Elon Musk. Ma quando la Banca di Singapore ha suggerito che la nuova criptovaluta potrebbe sostituire ciò che è la riserva di valore per eccellenza da 3000 anni, l’oro, abbiamo deciso di capire che cosa fossero i Bitcoin. E se fosse il caso di scambiare la cassaforte con un computer.
Innanzitutto, i Bitcoin sono il più diffuso tipo di moneta virtuale (chiamate criptovalute), ovvero non esistono nel mondo di carne ed ossa. Quindi se cercate di andare al mercato a comprare una dozzina di uova e il pesto calabrese con i vostri bitcoin non funzionerà. L’esempio più vicino che vi possiamo fare è che sono simili a una transizione online. Possono essere usati in internet per comprare beni o servizi, ma non ci sono ancora molti negozi che li accettano. Ciononostante, alcune compagnie stanno iniziando a interessarsi alla cosa. Per esempio da ottobre 2020 Paypal permette ai propri clienti di fare compravendite in bitcoin.
Ogni bitcoin è un file (chiamati anche token). Per rendere la vita più facile a noi figli del mondo analogico: questi file vengono salvati in una app o in un computer chiamato “portafoglio digitale”. Ma se venissero salvati nella cartella delle foto della cresima di vostra cugina sarebbe la stessa cosa.
Io posso inviare bitcoin al vostro portafoglio digitale, e voi potete inviare bitcoin al mio. Così c’è uno scambio di bitcoin. Ogni singola transazione è registrata in una lista pubblica chiamata “blockchain”, e questo rende possibile tracciare la storia di ogni singolo bitcoin, ed evitare che qualcuno possa spendere un file che non gli appartiene, o farne una copia, o cancellare una transazione.
Ci sono tre modi: comprarli con soldi veri, acquistarli da qualcun altro attraverso una transazione (vendete un paio di scarpe su Etsy e vi fate pagare con Bitcoins), o fabbricarli al computer. E qui è dove la cosa diventa complicata.
Creare un bitcoin è un po’ come coniare moneta, quindi non tutti lo possono fare. L’unico modo per coniare nuovi bitcoin è quello di installare un mining rig, o una miniera di Bitcoin. Una miniera di bitcoins è una serie di super-computer che di fatto “conia” i bitcoin. Se avete letto questo articolo sul Sole24Ore o questo, saprete che c’è una miniera di bitcoin a Milano, dietro al Duomo, e che la Cina ha iniziato la sua prima battaglia contro le miniere per evitare un eccessivo consumo di elettricità. Se non riuscite a fare un collegamento tra il concetto di conio, quello di miniera e quello di elettricità, facciamo un passo indietro.
Per “coniare” bitcoin ci vogliono dei supercomputer molto potenti, in grado di risolvere complesse operazioni matematiche nel minor tempo possibile. Perchè? Perchè per guadagnare bitcoin bisogna fare due cose. Una è una questione di impegno, l’altra di fortuna. Innanzitutto ciascun “minatore” (che sarebbe un computer) deve verificare 1 megabyte di transazioni nella blockchain. Questa è la parte facile. Oltre a questo per deve anche essere il primo a risolvere un problema numerico. Questo processo è chiamato “proof of work”, prova di lavoro svolto. Che tipo di problema numerico direte voi? Il computer deve essere il primo a trovare un numero esadecimale da 64 cifre (chiamato “hash”) che è uguale o minore all’hash da indovinare. È una operazione che richiede a un computer di provare tantissime combinazioni finchè non trova quella giusta, come se cercasse di aprire una cassaforte provando tutte le combinazioni possibili. Poiché il numero totale di possibili combinazioni è altissimo (1.16 x 1077), è un lavoro estremamente faticoso e nel mondo dei computer significa tanta elettricità. Ed ecco perché la Cina vuole mettere un limite alle miniere di bitcoin: perchè i super computer al lavoro 24 ore al giorno consumano troppa elettricità.
Questo per la cronaca è l’aspetto di un numero esadecimale di 64 cifre:
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Esadecimale significa che ha a disposizione 16 diversi caratteri per formare la combinazione – le lettere sono aggiunte perchè i numeri possibili vanno solo dallo 0 al 9, quindi per arrivare a 16 ci hanno aggiunto le lettere a, b, c, d, e ed f. È un po’ come il calcolo binario (che usa 0 e 1). Nel caso del calcolo a base esadecimale “f” è uguale a un “15” in base-10, e “1f” è “31” in base-10.
Dopo tutto questo non vi viene da chiedervi se ne vale la pena? I compensi per le miniere di bitcoin sono ridotti della metà ogni quattro anni. All’inizio, nel 2009, un minatore guadagnava 50 BTC ogni megabyte di transazioni. Nel 2012 il valore fu dimezzato a 25 BTC. Nel 2020 1 megabyte poteva far guadagnare 6.25 BTC. Come si traduce tutto questo in soldi vecchio stile? A novembre 2020 il prezzo del Bitcoin era circa $17.900 per bitcoin, che significa che ogni megabyte fruttava $111.875 (6,25 x 17.900). Oggi, dopo la serie di tweet di Elon Musk, 1 BTC è circa $40.000, che significa che ogni megabyte frutta circa $250.000.
Se state pensando di investire, calcolate prima le spese. Sebbene agli inizi fosse possibile per singoli individui competere con le grosse miniere usando il computer di casa, oggi non è più così. La difficoltà di risoluzione degli hash ormai è così elevata da richiedere computer specifici per risolverli. Per essere competitivi sul mercato bisogna investire in un processore grafico e in circuiti integrati specifici, e tutto ciò può andare da 500 euro fino a decide di migliaia di euro. A tutto questo va aggiunta l’elettricità. Se foste ancora interessat*, ma non ve la sentite di prendervi il rischio di investire in un mercato così volatile, una soluzione alternativa potrebbe essere quella di investire nelle aziende e compagnie connesse con il mercato dei bitcoin, in pratica quelle che producono le componenti informatiche per costruire le miniere.
Da ricordare anche che le miniere di bitcoin non sono legali ovunque. Lo sono in Italia per adesso, ma non lo sono in Algeria, Bolivia, Morocco, Nepal, Pakistan, e Vietnam. Infine, esiste un paese al mondo ad aver adottato i bitcoin come moneta legale e ufficiale di scambio, è l’El Salvador. Non è ancora chiaro però come la presenza di criptovaluta possa interfacciarsi con i mercati della borsa mondiale e il fondo monetario internazionale.
Il valore di una valuta in passato si basava su qualcosa di tangibile – la moneta d’oro che veniva passata di mano, o la banconota che veniva scambiata come pegno nella consapevolezza che c’era dell’oro in un caveau da qualche parte a sostegno di quella banconota. Negli anni ’30 il dollaro e la sterlina si allontanarono dal “gold standard” e lo sostituirono con la valuta fiat, che veniva emessa da un governo o da una banca centrale. Non c’era bisogno di oro nel caveau, ma le forti economie di questi paesi, e la fede nelle valute, ne mantenevano il valore. Il Bitcoin è apparso nel 2009 non sostenuto da alcun materiale di valore. Tra le prime transazioni, 10.000 BTC furono usati per pagare 2 pizze, e il valore era nel concetto e nella speranza che queste monete immaginarie avessero un valore. Per gran parte della sua breve storia, il valore di Bitcoin è stato guidato da nient’altro se non dall’interesse speculativo. È stata l’idea di Satoshi Nakamoto, il creatore sconosciuto di Bitcoin, di inventare una moneta virtuale che ha dato ai bitcoin il loro valore, ed è stato l’interesse che l’idea di Nakamoto ha successivamente suscitato negli speculatori che la mantiene oggigiorno. È lo stesso concetto di vendere la vostra air guitar su eBay, o spendere 5 mila euro per una bottiglia di vino.
Al di là delle difficoltà tecniche, il dibattito attorno alla criptovaluta è socio-economico, oltre che finanziario. Cosa significherebbe un mondo senza più il bisogno di banche o di un ente centrale a controllare? Un mondo in cui il contante non esiste più? I possessori di super-computer in un magazzino abbandonato di Manila saranno i nuovi banchieri di Wall Street? Ecco una carrellata di opinioni dal mondo del pop.
Banking on Bitcoin | Più che un documentario su cosa sono i bitcoin, un manifesto ideologico della battaglia sempre in auge tra utopisti e capitalisti mainstream. Il documentario mostra un mondo dove i bitcoin cambieranno le nostre vite, ed esplora come i bitcoin possano essere un’alternativa ai sistemi centralizzati come le banche.
I am Satoshi | Documentario corale e investigativo girato in stile guerrilla (uno stile che mischia ricerche, interviste e riprese in studio), si focalizza sulla cultura attorno alla filosofia del bitcoin e alla comunità della cripto-valuta. Denso e ricco di spunti di riflessione se volete pensare al Bitcoin come a una reale controfferta al sistema finanziario attuale.
Cryptopia: Bitcoin, Blockchains and the Future of the Internet | Documentario che esplora il significato di Bitcoin e la tecnologia del blockchain, e mostra una vera miniera di bitcoin nascosta tra le montagne Svizzere. Purtroppo non è disponibile su youtube e in Italia non è distribuito su Amazon Prime. Si può comunque acquistare qui (con soldi veri, non bitcoin ;)).
E per concludere, per un po’ di leggerezza finanziaria pre-euro e pre-bitcoin, questa canzone sui soldi dei Monty Python.
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