MONNALISA BYTES

Science Storytelling

15′ 30″

Difendersi dal nemico, ma quale?

Testi Silvia Anese
La storia dell’uomo è una storia di migrazione

Umberto Eco diceva che le migrazioni “Violente o pacifiche che siano, sono come i fenomeni naturali, avvengono e nessuno le può controllare”. Fonte:Eco
Ci sentiamo ribelli quando partiamo per il giro del mondo con lo zaino in spalla, un passo avanti agli altri quando ci dichiariamo nomadi digitali e lavoriamo da Caracas per una compagnia di Dublino, eppure non ci stiamo inventando niente. Dall’apice del nostro “punto d’arrivo evolutivo” ci guardiamo indietro e indovinate un po’? Homo Sapiens ci era già arrivato prima di noi, circa 200.000 anni fa, quando si spostò dall’Africa conquistando l’Eurasia, incontrando i Neanderthal, sopravvivendo alle ere glaciali, inventandosi le barche per attraversare i mari ed arrivando fino in Oceania, dove incontrò i Denisova, mentre noi ci sentiamo dei camminatori esperti se facciamo gli ottomila passi al giorno suggeriti dallo Smartwatch.

L’uomo ha sempre avuto la necessità di espandersi per sopravvivere, di migrare e affrontare ostacoli, superando barriere che limitavano i suoi spostamenti, oltrepassando confini, varcando frontiere. Ma cosa succede quando, dopo migliaia di anni di evoluzione, la barriera che l’uomo si trova davanti non è più naturale ma politica? 

Una migrazione, parlando in termini semiotici, è “lo spostamento di un intero popolo da un territorio all’altro, in cui non è quindi tanto importante quante persone rimangano nel territorio di origine, ma in che misura i migranti cambino la cultura dei territori in cui hanno migrato”. Fonte:Eco Ciò che siamo arrivati a definire come “mondo globalizzato” alimenta tensioni tra aperture e barricate: da un lato frontiere liberalizzate, accessi più agili, e dall’altro un enorme flusso di risorse per impedire la circolazione stessa di merci e di persone.

I nuovi muri

La globalizzazione presenta una tensione sempre accesa tra network globali e nazionalismi locali, tra il movimento del capitale (che vuole essere libero) e quello dei soggetti (che invece le forze nazionaliste  vogliono controllare e fermare). Una manifestazione tangibile di questo paradosso tra movimento libero e controllo sono i nuovi muri che stanno popolando il globo. Wendy Brown nel suo libro “Stati murati, sovranità in declinoFonte:Brown presenta una panoramica di tutte quelle che sono le strutture sorte negli ultimi decenni per impedire i flussi migratori nel mondo. 

Come la barriera che separa Stati Uniti e Messico, il muro che divide la Giordania da Israele, a sud di Gerusalemme e Betlemme, la barriera di filo spinato che divide l’India dal Pakistan, addirittura visibile dallo spazio. C’è poi il Sud Africa post-apartheid, che presenta un complicato labirinto di muri e mantiene una barriera elettrificata ai confini con lo Zimbabwe, l’Arabia Saudita, che ha finanziato la costruzione di una struttura di separazione sul confine con lo Yemen, l’Uzbekistan, che ha murato fuori il Kirghizistan; e l’Egitto, che ha un costruito un muro con Gaza. La lista è ancora lunga e molti muri sono ancora in fase di costruzione, ma il punto è che il muro in sé rappresenta uno sforzo economico e politico di altissime proporzioni, ed è in netta contraddizione sia con il flusso di denaro, che invece è agevolato a muoversi e migrare, e soprattutto con la naturale predisposizione dell’uomo allo spostamento. 

Nonostante le diverse aree geografiche, vi sono tre paradossi che accomunano tutte queste barricate. Il primo paradosso è di tipo politico: mentre da una parte esistono tendenze politiche neoliberiste, cosmopolite e umanitarie che vogliono un mondo senza frontiere (conseguenza dei mercati globali, della dimensione globale delle imprese e della cittadinanza), dall’altra ci sono gli Stati-nazione, Fonte:Forti Fonte:Arendt che invece vogliono costruire muri per proteggere il proprio status, difendersi dagli invasori e fermare i flussi globali nel tentativo di preservare la loro indipendenza politica.

Stato-nazione

Lo Stato-nazione, così come si era sviluppato dalla rivoluzione francese in poi, è il prodotto di due fattori: la nazionalità da una parte e l’apparato statale dall’altra.
Lo Stato rappresenta l’idea di uno spazio sottoposto a una legge, spazio in cui egli è responsabile della protezione giuridica degli abitanti del territorio.
La nazione, invece, identifica una comunità. Una coscienza collettiva basata su lingua o religione comune, su un passato storico condiviso, sull’eguaglianza di origine.
La conflittualità interna, che caratterizzò questo organo piuttosto instabile, si basò sul principio di retaggio monarchico per cui lo Stato tutelava tutti coloro che facessero parte del suo territorio, indipendentemente dalla nazionalità. Cosa con cui la coscienza nazionale entrò in conflitto, in quanto lo Stato avrebbe dovuto garantire pieni diritti soltanto a coloro che facevano parte della “comunità nazionale”, escludendo gli altri. Fu la stessa H. Arendt a dire che lo Stato-nazione, strutturalmente, ospita già al proprio interno una logica contraddittoria, fondata sulla tensione dei due elementi costitutivi. 
Da qui nacquero i movimenti nazionalisti, dove la Nazione conquista lo Stato. Il cittadino si identifica pertanto come membro di un gruppo nazionale escludente ed esclusivo, generativo di differenze e divari.

Il secondo paradosso è di tipo sociale: in un mondo apparentemente dominato dalla democrazia, sono presenti barricate che separano le persone per condizione sociale e provenienza. Quindi da una parte vi sono la democrazia, i pari diritti e l’egualitarismo, e dall’altro sono presenti sistemi che demarcano differenze basate sul ceto sociale o sull’ area geografica di origine.

Il terzo paradosso è quello più evidente: il periodo storico in cui l’uomo è in grado di costruire infrastrutture tecnologicamente avanzate, talmente avanzate da esplorare lo spazio, è lo stesso periodo in cui vengono costruiti dei muri fatti di mattoni, sacchi di terra, cemento, talvolta solo di filo spinato per dividere a metà gli Stati. Con tutta la tecnologia di cui disponiamo, si ricorre a delle strutture retrograde e ottusamente fisiche come i muri. Mente l’uomo si prepara ad andare su Marte, c’è qualche governo che investe nello scavo di fossati medievali da riempire con coccodrilli.

Il muro dei muri

Questa sopravvivenza paradossale dell’arcaico nell’ipermoderno fornisce la chiave delle odierne vicende della sovranità. Fonte:Fornari Fonte:Senato La sovranità nasce dalla suddivisione per mezzo di muri di ciò che prima era comune, infatti essa è intesa in quanto sovranità politica e pertanto indissolubilmente legata al possesso di un territorio.

L’esempio del muro tra Stati Uniti e Messico aiuta a comprendere i tre paradossi di cui parlavamo prima. Esso è imponente, costoso e il suo obiettivo “ufficiale” è bloccare i flussi di droga e immigrazione illegale diretti a nord. La polizia di frontiera statunitense iniziò i lavori di costruzione nel 1990, lavori che vennero più volte bloccati dalle proteste degli ambientalisti, ma che ripresero a pieno regime dopo degli avvenimenti dell’11 Settembre, ignorando ben 36 disposizioni di legge (relative all’inquinamento dell’acqua, dell’aria, della protezione di specie, della conservazione di siti storici, di terreni agricoli e tutela di luoghi sacri). Fonte:Bush 

Ad oggi ci sono più di 3000 km di muro, comprendenti parti in filo spinato, barricate provvisorie, telecamere, blocchi di controllo, ruspe immobili, lastre di acciaio che si allungano nel Pacifico per 100m e strutture cementificate alte fino a 10 metri e profonde 3. Il costo totale della struttura è incerto, in quanto diverse Presidenze si sono succedute nella sua costruzione e i dati e le previsioni sono cambiate a seconda del Governo e dei suoi interessi. Durante il Governo Trump la cifra stimata per la continuazione era tra i 25 e i 38 miliardi di dollari. Fonte:Kak L’unica cosa certa è che sia una spesa ridicolmente alta, data la scarsa efficacia della barriera come deterrente rispetto alla portata del dirottamento dell’immigrazione illegale.

Infatti, dopo la costruzione del muro, i contrabbandieri ricorrono a tecniche sempre più sofisticate, spostandosi in zone di desertiche di montagna o scavando tunnel, come quello scoperto nel 2015. Lungo 500 metri, alto 1.20 metri e largo 90 cm, con tanto di rotaie, impianto di illuminazione e condotti d’aerazione. Fonte:Mastro Questi tunnel si connettono con i canali di scolo sotterranei che attraversano la frontiera, perforando il suolo per una ventina di metri e costruendo sbocchi direttamente nei grandi depositi a ridosso del confine. Mentre nel 2020 Trump, visitando il confine tra Messico e Arizona, chiedeva di pitturare di nero il muro in modo che con il sole scottasse, alcuni chilometri più avanti l’ennesimo narcotrafficante stava segando uno dei pali della barricata con un attrezzo costato meno di 100 euro, perché è così che funziona.

Trattandosi di azioni illegali, non possono esserci statistiche precise su quante persone siano riuscite a passare. Tuttavia i dati sugli arresti, forniti dalla Border Patrol, Fonte:Mastro sono un buon punto di partenza. Nei primi sei mesi  di quest’anno sono state fermate circa 58 mila persone, il doppio del 2020 e più dei 53 mila del 2019. Solo a Giugno ci sono state 178 mila detenzioni lungo la linea di frontiera, il 5% in più rispetto al 2020 e il 23% in più rispetto a Maggio 2021. Fonte:US Dall’inizio del 2021 il totale ha già raggiunto un milione di persone.

Proprio a causa del dirottamento dei flussi migratori verso aree più impervie, si è registrato un aumento drammatico dei decessi tra i migranti e l’aumento del tasso dell’emigrazione permanente rispetto a quella temporanea. Nel corso dei primi dieci anni della presenza del muro, sono state all’incirca duemila le persone morte tentando di attraversare il confine. Nello stesso periodo, circa 700 mila migranti sono stati arrestati dalla polizia di confine. Nel tentativo dell’attraversamento di zone desertiche i corpi di 1086 migranti sono stati recuperati nel deserto dell’Arizona meridionale nel 2004. Tra 43 e 61 persone morirono nel tentativo di attraversare il deserto di Sonora nell’Ottobre del 2003, sommandosi alle 325 di quell’anno sull’intero confine. Nel 2016 le vittime furono 396. Successivamente, con l’insediamento di Trump e misure sempre più restrittive, i passaggi si sono ridotti ma i morti nel 2017 sono stati 375, vuol dire almeno una ogni giorno dell’anno, ancora 260 nel 2018.

Il presidente Biden ha bloccato la costruzione del muro con un ordine esecutivo nel Gennaio del 2021, la sua amministrazione ha promesso una svolta sulle politiche dell’immigrazione. Per il momento, tuttavia, la verifica sul campo racconta un’altra storia. Le pattuglie della US Border Patrol continuano a fare esattamente le stesse cose, con soluzioni innovative come fruste e cavalli. Intanto, le organizzazioni criminali continuano ad aprirsi nuovi canali; le imbarcazioni di “finti pescatori” si moltiplicano ed il traffico di esseri umani anche via mare dilaga. Fonte:Sarcina Queste soluzioni a loro volta aumentano le contromisure delle forze dell’ordine e il livello generale di violenza e criminalità delle zone di confine, finendo per interessare anche luoghi che prima erano pacifici. Il traffico di droga ed esseri umani attualmente ha prodotto un giro d’affari annuo superiore ai 6,6 miliardi di dollari. Fonte:UN Questo è il riassunto di una situazione paradossale in cui un muro costruito per bloccare uno spostamento finisce invece per aumentarlo. Ecco che il primo paradosso citato all’inizio appare evidente: gli Stati Uniti, un paese democratico, leader mondiale in ambito economico e membro di un mercato globale, è anche uno Stato-nazione, in parte portavoce di quell’ottica nazionalista e xenofoba che innalza muri per difendersi dal nemico, per concretizzare il proprio potere.

Il muro tra Stati Uniti e Messico intensifica la criminalità e la violenza che pretende di arginare, alimentando così la necessità di ulteriori fortificazioni e controlli, dichiarandosi allo stesso tempo simbolo di pace, ordine e sicurezza. Il fatto che gli Stati-nazione abbiano l’esigenza di costruire un muro deriva dal fatto che la loro sovranità negli ultimi cinquant’anni sia stata minacciata dai crescenti flussi di capitali, persone e idee, che hanno messo in pericolo una sovranità assoluta consacrata con il trattato di Vestfalia nel 1648, momento in cui appunto nacquero gli Stati-nazione. Ed ecco spiegato il paradosso dei muri: una manifestazione usata dalla sovranità per proclamare la propria forza, ma che allo stesso tempo ne rivela la debolezza rispetto alle grandi potenze globali. Fonte:Brown Perché alla fine, se non ti senti minacciato o indebolito, non costruisci un muro. 

Stato e Sovranità

La politica neoliberista riconosce come sovrani solo coloro che sono a capo delle imprese. Le nazioni stipulano tra di loro patti ed alleanze politiche internazionali (Ue, Fondo Monetario Internazionale ecc), mentre le forze che sostenevano la sovranità, come nazionalismo ed imperialismo, vanno riducendosi. Il cambiamento sta nel fatto che Stati e Sovranità non sono due elementi che si dissolvono, bensì che che si disgiungono: gli Stati continuano ad essere degli attori politici, ma non sono più sovrani. L’unica cosa che resta in un ordine post-vestfaliano agli Stati nazione è il continuare ad essere simboli per l’identificazione nazionale. 

I muri sono un’icona dell’erosione della sovranità, la dimostrazione che le migrazioni sono un fenomeno talmente forte, come sosteneva Eco, da erodere qualunque ostacolo, anche il potere degli Stati nazione.

Chi sta dentro e chi sta fuori

Il muro è identità individuale contro identità globale, è la linea di demarcazione tra chi sta dentro e chi sta fuori, tra l’amico e l’invasore. Chi sta oltre la barriera è laltro, il diverso, l’estraneo rispetto a chi appartiene alla comunità protetta dal muro.

Come sostiene massimo Leone in “Semiotica dell’attraversamento”, Fonte:Leone una persona diventa cosciente di avere un ambiente di appartenenza non quando contribuisce alla sua creazione, ma quando vive l’opposizione fra il proprio ambiente di appartenenza e un opposto ambiente di non-appartenenza. 

Frontiere

Le frontiere non sono solo un’entità che regolano la relazione fra due diverse aree culturali/ zone geografiche, ma anche  un qualcosa che si attraversa, e che permette l’incontro. Dal punto di vista semiotico, l’origine di ogni senso o relazione di appartenenza ad un luogo può essere definita come una presa di posizione spaziale. Come spiega Leone, questa presa di posizione si concretizza tramite la presenza di tre elementi cardine: 

– Le frontiere e i confini di uno spazio di appartenenza, per esempio “il mio quartiere”;
– la conseguente opposizione fra un ambiente di appartenenza e uno di non-appartenenza, per esempio “ il mio quartiere vs un altro quartiere”;
– e la relazione tra i due soggetti che appartengono ai due ambienti, per esempio “ io e chi abita nell’altro quartiere” .

Per esempio, un cittadino non si rende conto di appartenere ad un quartiere in termini astratti ed assoluti, ma acquisisce questa consapevolezza solo quando si separa dal suo ambiente, spostandosi in un altro posto. Le migrazioni, in quanto spostamenti, sono quindi fondamentali per la consapevolezza della propria identità spaziale, tuttavia se esse vengono bloccate da strutture come i muri, il processo di costruzione dell’identità viene sostituito da quello di “esilio/ invasione”. 

Immaginiamo, per fare un esempio concreto, una situazione in cui inizialmente non ci sono barriere tra due Stati ed è possibile spostarsi. Improvvisamente viene costruito un muro e coloro che vogliono continuare ad attraversarlo vengono visti come “gli invasori” da chi sta dall’altra parte della barriera, che sente il bisogno di difendersi da questo flusso di persone. Un po’ come quello che è successo con il muro tra la Cina e la Corea del Nord. Prima queste due nazioni erano alleate, poi nel 2003 la Cina ha deciso di costruire un muro lungo i suoi confini per bloccare il flusso di profughi nord-coreani che chiedevano asilo politico durante il governo di Pyongyang. Oggi lasciare la Corea del Nord senza un permesso ufficiale è un reato che viene punito con la pena capitale. Fonte:Post

 La Cina teme l’invasione del crescente flusso di rifugiati nord-coreani, vedendoli appunto come laltro. Dall’altra parte i rifugiati nord-coreani vedono il loro stato come una conseguenza dell’ostilità e dell’attaccamento della Cina al suo luogo di appartenenza. Tutto questo avviene anche perché si è deciso di bloccare un fenomeno naturale con un muro. Si crea così un circolo in cui le somiglianze ispirano fiducia e le differenze paura, un’ottica di esilio/invasione che funziona all’interno di confini fittizi, all’interno di barriere politiche con cui l’uomo inganna se stesso, sottomettendosi a minacce costruite per minare acclimatazione e tolleranza.  

La storia dell’uomo è una storia di migrazione iniziata in Africa circa 7 milioni di anni fa. La migrazione è stata nel tempo garanzia di sopravvivenza ed evoluzione, e ha condotto l’uomo verso nuove frontiere, verso nuovi ostacoli, verso nuove barriere.  Che queste ultime siano insormontabili oppure no, sarà un’altra volta soltanto il tempo a dirlo. Abbiamo avuto per lungo tempo una prospettiva che non andava oltre la nostra dimensione, ora che abbiamo l’opportunità di guardare il nostro pianeta dall’esterno, quando vedrete una fotografia della Terra scattata da fuori, fateci caso: perché alcuni muri sono visibili dallo spazio. Visti da lassù, chi è quello che sta fuori?


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SILVIA ANESE è una semiologa laureata presso la facoltà di Lettere e Filosofia di Bologna. È specializzata in zoosemiotica, una disciplina che lega l’etologia alla linguistica. Alla perenne ricerca di significati nascosti, studia modelli comunicativi che uniscono mondo umano e animale. Vive in Friuli, pratica discipline circensi e quando non scrive va in montagna: pare che si rifiuti di scendere.