MONNALISA BYTES

Science Storytelling

8′ 1″

Il buon esempio

Testi Emma Gatti
Immagini Chiara Sangalli Davide Medici
L'eterno dibattito su natura contro educazione si fa ostile quando si tratta di genere

“Sii la fiamma del destino, sii la torcia della verità che guida i giovani verso un futuro migliore per loro stessi e per questo paese”. 
Michelle Obama (1964), avvocatessa, scrittrice e First Lady degli Stati Uniti dal 2009 al 2017.

Il 22 maggio 2021 i Måneskin hanno vinto l’Eurovision, un contest canoro radical-trash ispirato a Sanremo che da decenni spopola in tutta Europa eccetto che nella Penisola (per motivi poco chiari, che sembrano però essere legati al fatto che l’Italia decise di smettere di parteciparvi dal 1997 al 2011). Il giorno dopo la vittoria, Duolingo ha riportato un aumento del 56% di iscritti ai propri corsi di Italiano. Non è la prima volta che la televisione popolarizza un qualcosa e lo rende improvvisamente da sconosciuto ad appetibile. Era già successo pochi mesi fa con “La Regina Degli Scacchi”, che aveva fatto registrare un’impennata del 213% nella vendita di scacchiere, piuttosto che trent’anni fa con Jurassic Park, che fece aumentare d’improvviso gli iscritti alle facoltà di geologia e paleontologia (questo articolo suggerisce addirittura che influenzò la ricerca sul DNA dei dinosauri per una decina d’anni, portando a importanti scoperte nel mondo della genetica). 

Questo fenomeno si chiama il role model effect, che in Italia si potrebbe tradurre con l’importanza del buon esempio. Un modello è una persona che serve da esempio influenzando gli altri. Per molti bambini e bambine, i modelli più importanti sono i genitori e chi si prende cura di loro. I bambini e le bambine guardano a una varietà di modelli per aiutarli a creare il loro comportamento a scuola, nelle relazioni o quando prendono decisioni difficili. Possono anche cercare di copiare il comportamento e l’aspetto di celebrità, come atleti e personaggi famosi, e personaggi di libri, TV, film o videogiochi (l’intero fenomeno delle/degli “influencer” nasce proprio da questo). Nel tentativo di emulare il proprio mito possono coltivare passioni e trovare uno stimolo per la propria crescita e i propri obiettivi. 

Il ruolo e l’importanza del buon esempio è accettato da tutti a livello intuitivo. Quando mandiamo i nostri figli a scuola vogliamo che gli  insegnanti siano dei buoni esempi, e ci preoccupiamo se escono con le compagnie sbagliate o se seguono “dei cattivi esempi”. Eppure ci sono campi in cui l’effetto dell’influenza di un modello positivo vengono ancora negati. Questi campi sono quelli dove conviene nascondere un pregiudizio dietro la natura, così da poter giustificare con la biologia quello che a tutti gli effetti è una discriminazione. 

Ne scrive ampiamente la neuroscienziata cognitiva Gina Rippon, che nel suo libro “The Gendered Brain” (Il cervello di genere) spiega come il cervello è stato stereotipizzato per rispondere al bisogno di un modello sociale che vedeva le donne inferiori agli uomini nelle materie scientifiche. Il processo mentale che supporta questa teoria è più o meno il seguente: i dati indicano che ci sono meno donne nella scienza, quindi le donne sono meno interessate o meno dotate per le materie scientifiche. Le donne inoltre sono più coinvolte con le materie umanistiche e sociali, quindi ovviamente sono più portate per quel genere di cose. Tre famosi “incidenti” dei giorni nostri testimoniano questo modo di pensare.  

Larry Summers, 2005

Larry Summers, l’allora preside di Harvard, nel 2005 decise di parlare del “problema della rappresentazione delle donne in facoltà scientifiche nelle università di prestigio” durante una conferenza intitolata “Diversificare la forza lavoro nelle facoltà di Scienza e Ingegneria”. Summers giustificò il gap di genere usando una teoria proposta da Havelock Ellis nel 1894 nota come la teoria “della più alta variabilità maschile”. Ellis notò che c’erano più uomini che donne nei manicomi e nella più alte sfere del potere e della cultura. Concluse che doveva essere dovuto a una più ampia variabilità negli uomini ( più geniali e più idioti delle donne) in confronto a una variabilità ristretta delle donne (che quindi  si posizionavano nella media). Questa teoria però ignorava due fattori sociali: quello del fatto che gli uomini tendevano (e tendono ancora) ad avere meno supporto sociale se cadono in disgrazia, e quello che le donne non avevano le opportunità per accedere a nessuna carica che non fosse quella di madre e moglie. Questa teoria venne usata da Summers per giustificare il maggiore successo maschile in ogni campo (gli uomini sono “naturalmente” più geniali, mentre le donne sono naturalmente  “nella media”) e al contempo per assicurarsi una legge che ne garantisse il predominio maschile al potere per i secoli a venire. Come dire, “prendetevela con il vostro cervello”.

James Damore, 2017

Nel 2017 James Damore, un (ora ex) impiegato di Google mise in circolo una lunga lettera nella quale affermò che “la distribuzione delle abilità e dei gusti di uomini e donne ha un’origine genetica […] e tali differenze spiegano perché non vediamo la stessa quantità di donne in tech e nelle carriere di alto livello”. Damore nella lettera usò termini come “tratti ereditari” e citò il testosterone come principale causa di tali differenze.

Alessandro Strumia, 2018

Nel 2018 Alessandro Strumia, professore di fisica presso l’Università di Pisa, a un meeting del CERN sulla parità dei sessi in ambito scientifico sostenne che “la fisica è stata inventata e costruita dagli uomini” e che “C’è una cultura politica che vuole sostituire competenza e merito con una ideologia della parità”. Questo pensiero fu accompagnato da 26 slides (personalmente visionate) nelle quali si “dimostrava” che le donne in fisica erano meno presenti semplicemente perché meno abili. Tali slides sono anche diventate un articolo di ricerca. Anche lui fece l’errore di Damore e di Summers, ovvero di non tenere in contro centinaia di anni di contesto sociale e cause extra-biologiche, come le norme sociali che negavano alla donna di coltivare alcun tipo di interesse al di fuori della famiglia (pena l’espulsione dalla cerchia sociale). Se torniamo alla discussione sui buoni esempi, dovremmo tutti vedere quanto sia importante, per sviluppare capacità e competenze, essere in grado di relazionarsi con qualcuno che “ci mostri la via”. 

Il problema è che l’importanza dell’ispirazione e del modello positivo, così universalmente accettata in altri ambiti, nel campo delle abilità di uomo e donna sembra non riuscire ad imporsi, come se non riuscissimo ad accettare che lo stesso impeto che ci porta a imparare l’italiano per imitare il nostro gruppo musicale preferito è quello che porta una bambina a studiare matematica e fisica all’università, o a diventare medico, ballerina o ingegnere.  Lo stesso mondo della scienza sembra diviso, con neuroscienziati, biologi e psicologi schierati da ambo le parti. Solo per citarne due, Debra Soh, una psicologa e giornalista, per difendere il pensiero “biologico” di Damore dichiarò che “Nel campo delle neuroscienze, le differenze di sesso tra donne e uomini – quando si tratta di struttura e funzione del cervello e di differenze associate alla personalità e alle preferenze occupazionali – sono considerate vere, perché le prove che le dimostrano (migliaia di studi) sono forti. Questa non è un’informazione considerata controversa o in discussione; se si provasse a sostenere il contrario, o se si provasse a dire che dipendo solo da influenze puramente sociali, si verrebbe derisi“. Dall’altro lato citiamo invece David Schmitt, professore di fisiologia alla Bradley University e autore di uno dei lavori citati da Damore per sostenere la tesi biologica: “Usare il sesso biologico per tracciare e stilizzare il carattere e la personalità di un intero gruppo di persone è come eseguire una operazione chirurgica con un’ascia. Non è abbastanza precisa per fare qualcosa di buono, e probabilmente farà solo danno”. 

È importante sottolineare che la situazione è complessa: all’effetto del buon esempio vanno ad aggiungersi altri effetti sociali, altri pregiudizi e discriminazioni, e a tutto si aggiunge la difficoltà intrinseca che abbiamo nello studiare noi stessi, i nostri comportamenti e il nostro cervello, che resta un organo difficile e sul quale sappiamo relativamente poco. Ciononostante, l’importanza di un modello positivo nel quale possiamo identificarci è fondamentale per ampliare gli orizzonti delle bambine e dei bambini. Più donne ci saranno ad offrire tali modelli, più bambine vedremo in tutti i campi del sapere. Lo stiamo già vedendo in zone del mondo dove le bambine ricevono forti incentivi per studiare le materie STEM, come in India per esempio (dove il 31% delle lauree in ingegneria sono donne, contro il 19% in Italia). I numeri sembrano indicare che non è (solo) una questione di cervello, bensì anche di cultura, contesto e tempo. 


Over The Pop

Billy Elliot | Il film sul figlio di una famiglia di minatori di Liverpool che vuole fare il ballerino di danza classica anziché il pugile non solo capovolge i ruoli sociali ma mette in tavola anche il discorso della classe, e di come spesso l’arte sia un lavoro permesso solo alle famiglie privilegiate. Se non lo conoscete dovreste noleggiarlo ora.

Ribelle (Brave) | parte della lunga serie della Disney Pixar dedicata alle eroine, Ribelle è un film che intreccia due temi: quello della ricerca del proprio destino e identità indipendentemente dal ruolo che i nostri genitori ci hanno assegnato, e il bisogno di migliorare la comunicazione generazionale tra madri e figlie. Nel film Merida, la protagonista, farà entrambe le cose, aiutata da arco e frecce. Ambientato in Scozia, per goderselo appieno è meglio vederlo in originale,  con la voce di Emma Thompson nei panni della madre di Merida e quella di Kelly Macdonald in quelli della protagonista (se non vi ricordate chi è vi dico solo una cosa: Trainspotting).

Jane | Parlando di role models ed esempi da seguire è impossibile non menzionare Jane Goodall, la più famosa etologa e antropologa al mondo. Questo documentario del National Geographic mette in evidenza come una singola ricercatrice, con le sue idee controcorrente e il suo approccio non canonico, sia riuscita a  rivoluzionare il mondo della conservazione, nonché a trasformare la visione completamente maschile su come si dovrebbero studiare gli animali (della Goodall c’è anche questo bellissimo TED talk su che cosa ci separa dagli scimpanzé).


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EMMA GATTI è una scienziata con una laurea in geologia presso l’Università degli Studi di Milano – Bicocca, un dottorato in geochimica presso l’Università di Cambridge, e sei anni di esperienza da ricercatrice presso il NASA Jet Propulsion Laboratory e il California Institute of Technology di Pasadena. Dopo 12 anni all’estero è tornata a Milano e ha co-fondato Monnalisa Bytes, di cui è anche scrittrice e science editor. Le piacciono i fumetti, i gatti neri e i messaggi vocali.

CHIARA SANGALLI è un’art director che ama l’armonia cromatica e l’ordine estetico. Il suo obiettivo è quello di creare nel magico universo dei matrimoni come wedding designer. Grande sognatrice, instancabile curiosa, desidera girare il mondo.

DAVIDE MEDICI è un giovane graphic designer e imprenditore nel campo della ristorazione, con il sogno di poter aprire presto una sua agenzia di comunicazione. Appassionato di sport e ogni forma d’arte, ama trovare soluzioni innovative ai problemi e aiutare chi si trova in difficoltà. Vive ogni giorno come se fosse l’ultimo, dando sempre il massimo.