MONNALISA BYTES

Science Storytelling

14′ 1″
Arancia Meccanica

Il futuro del cibo è già qui?

Testi Angela Nanni
Meduse, insetti, alghe: ecco la dieta Mediterranea del XXX secolo

Se chiudiamo gli occhi e proviamo a proiettarci nel futuro dei nostri figli, nipoti e pronipoti cosa immaginiamo che porteranno sulle loro tavole? Come faranno colazione? Quali caratteristiche avrà il loro happy hour? Ono Exponential Farming, una start-up veronese che studia soluzioni di agricoltura verticale orientate alla sostenibilità, nell’autunno del 2020 ha reso noti i risultati di un sondaggio statistico Fonte:Onoef dal quale è emerso che la maggior parte degli interpellati sono consapevoli che per garantire un futuro ai propri figli, dovranno modificare il proprio modo di nutrirsi.  Nel periodo compreso fra il 14 e il 20 settembre 2020 l’azienda ha lanciato un questionario online al quale hanno risposto 450 persone di tutta Italia, di età compresa fra i 15 e i 70 anni. 

Il futuro del cibo è già qui?

Il 68% degli intervistati ritiene che in un prossimo futuro le abitudini alimentari dovranno cambiare a causa della scarsità di risorse del Pianeta Terra, mentre solo un 25% ritiene che il cambio delle abitudini sarà dovuto a mode passeggere. Al di là dei motivi che determineranno il cambio di abitudini alimentari, una metà degli intervistati vede questo cambiamento in positivo e ne è incuriosito, mentre l’altra metà è spaventato per quello che potrà trovare nel piatto. Gli intervistati chiamati ad esprimersi su quali opportunità possono insidiarsi nel cambio delle abitudini alimentari, nel 68% dei casi vi intravede la possibilità di rispettare di più l’ambiente e ridurre lo spreco delle risorse, mentre il restante 32% vi scorge la possibilità di riuscire a portare in tavola cibi più sani e nutrienti. Alla domanda sul perché sta diventando così difficile l’approvvigionarsi del cibo per tutte le persone, il 61% degli intervistati lo attribuisce all’eccessivo sfruttamento delle risorse, il 25% al fatto che oggi adottiamo un’alimentazione sbagliata troppo ricca di proteine animali, il 12% all’eccessivo aumento della popolazione e un 2% a un modo sbagliato di approcciarsi alla coltivazione. Il 25% degli intervistati che ritengono che l’alimentazione odierna preveda troppe proteine animali hanno centrato una problematica con la quale prima o poi l’umanità tutta dovrà confrontarsi. 

Il futuro del cibo è già qui?

Come sottolinea Maria Cristina Nicoli, Professoressa di Scienze e tecnologie alimentari all’Università di Udine: «Come è ben noto, un’alimentazione corretta richiede l’assunzione di una adeguata dose di proteine giornaliere. La produzione di alimenti proteici di origine animale (carne e derivati di origine animale) è una delle attività umane più impattanti. In altre parole, per produrre un chilo di carne è necessario spendere più calorie di quante da esso fornite. Di qui la necessità di individuare fonti proteiche alternative la cui produzione risulti essere più sostenibile ed economica». La professoressa si occupa di sviluppo di modelli di previsione della vita commerciale degli alimenti e di nuove tecnologie per il risanamento e stabilizzazione del cibo, e di implementazione della funzionalità nutrizionale. «È stato stimato che per far fronte al fabbisogno alimentare del pianeta nel 2050 sarà necessario aumentare di oltre il 70% le attuali produzioni alimentari. Tra le fonti proteiche alternative vi sono quelle vegetali (ad esempio le leguminose) e gli insetti. Questi ultimi, il cui consumo in alcuni Paesi è una prassi alimentare tradizionale, sono particolarmente interessanti per il valore proteico in essi contenuti e l’economicità dell’allevamento».

Il futuro del cibo è già qui?

Gli insetti: una risorsa importante

Durante l’Expo Milano 2015, Coop e Doxa, una società di ricerca e consulenza, hanno presentato una ricerca chiamata Cibo di oggi, cibo di domani . Fonte:Coop  L’indagine è stata condotta attraverso 6400 interviste realizzate interpellando persone tra i 18 e i 54 anni di 8 Paesi del mondo: Italia, Germania, Regno Unito, Stati Uniti, Russia, Cina, India e Brasile.  Ha evidenziato come già 6 anni fa gli interpellati non escludessero il consumo di insetti e carne sintetica stampata in 3d. Gli abitanti di India, Cina e Brasile si sono rivelati i più propensi al cambiamento, mentre i Paesi Occidentali meno.

Secondo i  dati messi a disposizione dalla FAO (L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura) gli insetti integrano la dieta di circa 2 miliardi di persone ed hanno sempre fatto parte dell’alimentazione umana. Fonte:AAVV Tra le 2.037 specie consumate, la maggior parte appartiene al gruppo dei coleotteri, cioè gli scarabei (634), a seguire i lepidotteri, ossia i bruchi (359), poi gli imenotteri rappresentati da api, vespe e formiche (302), gli ortotteri quindi cavallette, locuste e grilli (279), seguiti dagli emitteri, cicale, cicaline, cocciniglie e cimici (220). Le specie meno consumate, infine, fanno parte del gruppo degli Isotteri, cioè le termiti (63), degli odonati (60) (libellule) e dei ditteri (35) (mosche). Fonte:Jonjema 

Puntare su un forte sviluppo dell’entomofagia, la scienza che studia il consumo di insetti anche alle nostre latitudini, può essere una scelta vincente? «Gli insetti rappresentano una fonte proteica alternativa ad altri prodotti di origine animale ed in particolare alla carne. I vantaggi sono soprattutto legati alla maggior sostenibilità di questa filiera produttiva. L’allevamento tradizionale di animali per la produzione di alimenti è infatti caratterizzato da elevate emissioni di gas serra, consumo di grandi quantità d’acqua e necessità di vaste aree di suolo per allevamento e coltivazione di mangimi dedicati. Sulla base di queste premesse si può affermare che gli insetti hanno caratteristiche favorevoli e risulteranno tanto più validi, come alternativa, quanto più riusciranno a soddisfare -durante l’allevamento- parametri di sostenibilità e sicurezza. Questa sfida è centrale per gli allevamenti intensivi di insetti ad uso alimentare. Sarà fondamentale studiare il comportamento dei patogeni alimentari all’interno di questi allevamenti e trovare strategie efficaci per limitarli, senza ricorrere all’uso di antibiotici, in modo da differenziare queste produzioni da quelle tradizionali» spiega Simone Belluco, Dirigente Veterinario del Laboratorio di tecnologie alimentari per la Valorizzazione delle produzioni alimentari dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie.

Il futuro del cibo è già qui?

Allevamento degli insetti

La maggior parte degli insetti consumati in molte regioni dell’Asia, dell’America Latina e dell’Africa provengono dalla raccolta spontanea, anche se nel Sud Est Asiatico sono presenti esempi concreti di allevamento di ortotteri, per consumo umano, su larga scala. Fonte:Huis Allo stato attuale delle cose, chi decide di investire in questo campo deve tener conto innanzitutto della provenienza geografica della specie in questione, poiché potrebbe essere un vero e proprio rischio decidere di allevare una specie aliena alle nostre latitudini, con gravi rischi per l’ecologia e la biodiversità della zona scelta, perché in caso di fughe accidentali dal sito di produzione si potrebbero generare danni incalcolabili. Insetti non autoctoni, inoltre, potrebbero non riuscire ad adattarsi alle caratteristiche della zona di insediamento, con scarso rendimento produttivo ed economico. Una grande attenzione andrà riservata inoltre alla scelta dell’insetto da allevare:  dovrebbe poter vantare un elevato tasso di  ovideposizione, un breve ciclo di sviluppo, un basso tasso di mortalità  durante gli stadi di accrescimento, capacità di vivere ad alta densità di individui e con assenza di cannibalismo (non devono cioè mangiarsi fra di loro). Perché l’allevamento abbia un buon rendimento è inoltre indispensabile che esista un elevato tasso di conversione del substrato alimentare in biomassa, ovvero che l’insetto abbia degli elevati valori nutrizionali. Gli insetti costituiscono una fonte di cibo altamente nutriente perché forniscono proteine di alta qualità paragonabili a quelle fornite dalla carne e dal pesce. Un esempio? 100 g di carne di bovino adulto possono fornire circa 20 g di proteine mentre per andare su un pesce, 100 g di sgombro possono fornire dai 17 ai 25,5 g di proteine. Fonte:Crea Il contenuto proteico della carne di locuste o cavallette adulte varia fra i 13 e i 28 g per 100 grammi. Un apporto proteico compreso fra il 14 e il 25% è fornito anche dalle larve del coleottero della farina. Fonte:Vantomme «Gli insetti potrebbero essere una delle soluzioni per ridurre il consumo di carne. Per quanto riguarda invece l’uso degli insetti come sostituti delle farine, per arricchirne il contenuto proteico, credo che il discorso sia valido soprattutto per i Paesi in Via di Sviluppo, poiché alle nostre latitudini non c’è bisogno di aumentare l’apporto proteico del cibo, già fin troppo abbondante» conclude il dottor Belluco. 

Un esempio di allevamento di insetti in Italia

Carlotta Totaro Fila è una giovane donna con esperienze in multinazionali dell’industria alimentare che ha deciso di dedicarsi a un progetto volto alla valorizzazione delle proteine degli insetti per l’alimentazione umana, scegliendo i grilli. Per farlo ha fondato una start-up, Alia Insect Farm, un’azienda che alleva grilli per trasformarli in farina. La farina che si otterrà, che non è ancora in produzione, sarà impalpabile, di sapore e colore tenue, microbiologicamente sicura e made in Italy. L’azienda ha deciso di partire dalle farine perché ritiene che proporre l’insetto tal quale crea ancora troppo disgusto nel consumatore, almeno alle nostre latitudini. La dott.ssa Totaro Fila ha fornito alcuni chiarimenti in merito all’attività della sua azienda. 

Perché dovremmo usare una farina ottenuta dai grilli anziché quella di grano duro?

«In realtà la farina (o polvere) di grillo non è un sostituto della farina di grano duro. È piuttosto un suo complemento: volendo realizzare alimenti di uso comune come pasta, dolci, pane, pizza…con un tocco di proteine in più, si può miscelare una percentuale di farina di grano duro (per esempio 80%) con polvere di grillo edibile (intorno al 20% ma dipende dalle preparazioni, in alcuni casi per una lievitazione ottimale potrebbe occorrere una % inferiore). Il prodotto risultante, se la polvere di grillo è realizzata con un processo che non la rende “invasiva” da un punto di vista organolettico, è simile agli altri alimenti tradizionali ma ha un profilo nutrizionale più ricco di proteine, vitamina B 12 e minerali. Nei nostri laboratori abbiamo provato a miscelare oltre al grano duro e alla farina di grillo anche farine di leguminose come ceci e lenticchie. Il risultato è strabiliante».

Perché proprio i grilli? 

«Perché hanno, tra gli insetti commestibili, un profilo nutrizionale eccellente. In 100 grammi di polvere di grillo abbiamo oltre il 60% di proteine. La percentuale di grassi è intorno al 20%, sono presenti anche fibre, ferro, minerali e vitamine. Da consumatrice, inoltre, mi sono interrogata su quale specie di insetto fosse più vicina alle nostre abitudini. Il grillo edibile è, se ci pensiamo, l’alter ego terrestre del gamberetto. Questo mi è parso un argomento interessante per aiutare il consumatore ad avvicinarsi a questo cibo del futuro e superare l’iniziale neofobia. Personalmente ritengo che comunque si debba passare dalle farine prima di proporre l’insetto tal quale. Siamo abituati a vedere la testa e le zampette dei gamberetti, che pure non sono bellissime, ma per accettare il consumo del grillo intero forse deve passare ancora un po’ di tempo».

Che cosa ci si potrà fare con questa farina? 

«Davvero di tutto! Potremo realizzare ricette in casa abbinandola ad ingredienti normalmente utilizzati in cucina (ho citato prima pasta, pizza, biscotti, ma direi anche polpette di legumi e vegetali, zuppe proteiche, frittate super energetiche…il limite sarà la fantasia). Si potranno utilizzare a livello industriale per realizzare barrette energetiche, snacks salati o dolci ad alto valore proteico, pasta secca o fresca e via dicendo»

Si potrà usare anche da parte di persone con celiachia o altre intolleranze? 

«Se il grillo viene allevato senza utilizzare mangime contenente glutine non si troveranno tracce di glutine nella polvere, che quindi si presterà per formulare prodotti per celiaci. Diversa è la situazione per altre allergie. Come dicevamo, il grillo è l’alter ego terrestre del gamberetto. Chi è allergico ai crostacei, per esempio, non dovrebbe consumare alimenti contenenti insetti edibili».

Il futuro del cibo è già qui?

Non solo insetti

Le meduse appartengono al plancton, ovvero a quell’insieme di microrganismi, alghe larve e piccoli animali che vivono in balia delle correnti e possono muoversi solo in verticale. Di meduse ne esistono di tanti tipi, da quelle piccolissime di 1-2 cm fino a quelle giganti che possono superare i due metri di diametro e arrivare a pesare fino a 200 kg. Oggi, con i mari sempre meno pescosi e la presenza sempre più numerosa di meduse (a causa di fattori climatici quali l’aumento delle temperature dell’acqua e l’acidificazione degli oceani), è forte l’interesse per un loro esteso uso alimentare, anche per via di un profilo nutrizionale estremamente interessante.Sono composte per il 95-97% di acqua e sali minerali, apportano circa un 3-5% di proteine e contengono pochissimi grassi se non gli acidi grassi omega-3 e omega-6, forniti dalle microalghe simbionti che alcune di esse ospitano nei loro tessuti. Le meduse proprio per via del ridotto contenuto di grassi sono classificabili come alimento a basso tenore calorico Fonte:Castigliego (100 g di medusa contengono appena 20 Kcal Fonte:Li).  Dalle proteine delle meduse, e soprattutto dal collagene, si possono ottenere peptidi bioattivi con attività antiossidante e anti-infiammatoria. Ecco perché il consumo di medusa si è dimostrato un valido sostegno nella cura di artrite, ipertensione, mal di schiena, ulcera, tracheite, bronchite ed asma, e persino in grado di rallentare l’invecchiamento cutaneo. Fonte:You 

Cucinare meduse è un processo meno esotico di quel che si pensi. Lo chef Gennaro Esposito si è trovato davanti all’esigenza di usare le meduse in cucina circa una decina di anni fa quando, durante un corso di cucina alla scuola alberghiera di Capri, si è verificata un’invasione di meduse urticanti. Perché non trasformare un problema in un’opportunità? Ed ecco che tutti gli chef coinvolti nel corso hanno cercato di capire come cucinare un secchio di meduse! Hanno iniziato dall’eliminare i tentacoli, lavandoli con acqua dolce al fine di neutralizzare gli elementi velenosi ed urticanti.  Una volta pronti hanno provato a portarle in tavola sia senza cottura servendo medusa cruda marinata con zucchero e sale, sia cuocendole a bassa temperatura (90 gradi). Gennaro Esposito, nel tempo, si è dilettato con la preparazione di piatti gourmet a base di meduse e durante Expo 2015 ha tenuto degli show cooking nell’ambito di un evento sui novel foods organizzato dal CNR-ISPA, l’Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari, proprio utilizzando le meduse.  Da questa collaborazione è nato anche un libro, “European Jellyfish Cookbook – Prime ricette a base di meduse in stile occidentale”, un’utile lettura per chiunque voglia saperne di più circa le meduse e sul loro uso in cucina. A proposito delle meduse come nuova risorsa alimentare, ulteriori informazioni ci sono state fornite dalla dottoressa Antonella Leone, prima ricercatrice dell’Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari del  CNR-ISPA e curatrice del libro. 

Le meduse sono dunque da considerarsi un novel food? 

«Le meduse costituiscono un novel food in Europa, dove non c’è una tradizione di consumo alimentare delle meduse, tuttavia il loro uso come cibo è documentato da circa 2000 anni in Estremo Oriente, dove oggi si producono annualmente quasi 1 milione di tonnellate di meduse per un valore di circa 100 milioni di euro. Le meduse sono perciò considerate nuovi alimenti secondo il regolamento dell’Unione Europea sui novel food Fonte:UE che definisce “nuovo prodotto alimentare” un qualsiasi alimento che non sia stato utilizzato in misura significativa per il consumo umano nell’Unione prima del 15 maggio 1997, indipendentemente dalla data di adesione degli Stati membri dell’Unione Europea. Le meduse, in particolare, essendo un piatto tradizionale in Cina e nella maggior parte dei paesi del Sud-est asiatico, sono indicate come “nuovi alimenti provenienti da alimenti tradizionali in un Paese terzo” che derivano da produzione primaria e con una storia di uso alimentare sicuro nel Paese di origine». 

Le meduse oggi sono reperibili in commercio o no?

«È bene precisare che attualmente le meduse non sono commercializzabili nei Paesi Europei. Quasi tutte le meduse vengono dai mercati asiatici e sono preparate mediante un metodo di disidratazione con sale e allume, un sale di alluminio per uso alimentare che serve a stabilizzarle e aumentarne la conservabilità. Tuttavia, l’allume può rilasciare residui di allumino anche nel prodotto finito. Per questo motivo, prima di essere consumati, tali prodotti devono essere reidratati e lungamente risciacquati in acqua corrente, anche se residui di alluminio rimangono spesso a livelli troppo elevati anche nel prodotto finale. Il CNR-ISPA ha depositato un brevetto Italiano e uno Europeo per la produzione di meduse commestibili e di ingredienti a base di medusa, completamente prive di allume».

La popolazione mondiale cresce con un ritmo esponenziale: si calcola che arriverà ad aumentare di due miliardi, Fonte:United dagli attuali 7,7 miliardi a 9,7 miliardi nel 2050, prima di raggiungere un picco di quasi 11 miliardi entro la fine del secolo. La produzione di cibo non ha una crescita altrettanto esponenziale, ed è messa a dura prova da variabili quali inquinamento, cambiamenti climatici e sfruttamento sconsiderato delle risorse. L’unico modo quindi per permettere alla popolazione mondiale di avere cibo a sufficienza per sopravvivere è trovare risorse alimentari alternative.  In che modo? Le strade percorribili sono tante e diverse, nell’articolo abbiamo riportato un’esperienza relativa alla Terra, con la prospettiva degli allevamenti di insetti, e una relativa al mare, con l’utilizzo delle meduse. Gli esempi e le idee, tuttavia, sono numerosi e sono tanti i progetti in fase avanzata di realizzazione. L’approvvigionamento di cibo e la sua disponibilità per tutti è un problema che le prossime generazioni dovranno indubbiamente affrontare, e la sua risoluzione, forse, passa attraverso il vedere in questo problema un’opportunità per trovare soluzioni creative.

ANGELA NANNI ha da sempre la passione della scrittura. Dopo la laurea in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche e un master in Nutrizione e Dietetica ha capito che voleva scrivere di salute. Per questo ha affiancato la professione di farmacista con la scrittura per case editrici, siti web e agenzie specializzate in tema di nutrizione, benessere e salute.

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