MONNALISA BYTES

Science Storytelling

6′ 31″

Vita su Venere?

Testi Emma Gatti
4000 anni di storia della nostra comprensione di Venere

Voglio essere ricordata come qualcuno che ha usato il suo talento, qualsiasi esso fosse, per fare il suo mestiere al meglio.
Ruth Bader Ginsburg (1933-2020), giurista, magistrata e giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti

Il 14 settembre 2020 la Royal Astronomical Society ha annunciato la scoperta di una rara molecola, la fosfina (PH3), l’equivalente dell’ammoniaca con il fosforo al posto dell’azoto, tra le nuvole di Venere (Aggiornamento: il 16 ottobre 2020 la notizia è stata ritratta). Sulla terra questo gas è fatto solo industrialmente, o prodotto da microbi che vivono in ambienti privi di ossigeno. 


La fosfina potrebbe quindi indicare la presenza di batteri aerobici che vivono nell’alta atmosfera venusiana, che ha una temperatura più tollerabile (30 gradi) di quella superficiale di oltre 400 gradi. L’articolo ha riportato la presenza di 20 ppb di fosfina (parti per miliardo in volume) nell’atmosfera, equivalenti a circa un singolo chicco di riso su 1000 kg di riso. Gli autori giustamente sono cauti. L’autrice a capo dello studio, la professoressa Jane Greaves dell’università di Cardiff, sostiene che al momento è ancora difficile capire come questi batteri, se presenti, possano sopravvivere nell’atmosfera altamente acida di Venere. I batteri responsabili della fosfina sulla Terra infatti riuscirebbero a sostenere solo il 5% dell’acidità presente tra le nubi venusiane.


Venere Greatest Hits dal 1600 a.C. al 2023

Circa 3600 anni fa- Le tavole di Venere di Ammisaduqa

Gli assiro-babilonesi si posizionano in pole position compilando un’analisi astronomica lunga 21 anni del sorgere e lo scomparire di Venere. Furono anche i primi a capire che la stella del mattino e quella della sera erano la stessa cosa (cosa che invece ingannò inizialmente gli Egiziani e i Greci, che credevano fossero due cose diverse). 

Circa 2300 anni fa – Afrodite

I Greci alla fine capirono che la prima stella del mattino e la prima della sera erano la stessa cosa, e chiamano questa “stella” Afrodite, in onore della dea dell’amore. 

Intorno al 1200 – Il codice di Dresda

I Maya producono un almanacco che mostra il ciclo complete di Venere, e sviluppano un calendario religioso basato sui moti del pianeta, che chiamano Noh Ek, la grande stella. 

1610 – Galileo 

Nel 1610 Galilei conferma che Venere è un pianeta e non una stella, confermando anche già che c’era le teorie di Copernico sul moto dei pianeti attorno al sole.

1627 –  La prima previsione scientifica

Keplero prevede il transito di Venere del 1631, ma, pur essendo un peso massimo della categoria, un errore nel calcolo delle orbite ellittiche non gli permette di indovinare che il transito non sarebbe stato visibile in Europa.  

1639 – La prima osservazione scientifica

La prima osservazione diretta di un transito di Venere fu fatta da Jeremiah Horrocks dalla sua casa in Inghilterra, il 4 dicembre 1639, quando aveva solo 21 anni, usando un telescopio non molto più potente  di quello usato da Galilei, i suoi occhiali e un pezzo di carta attaccato al muro. Horrocks, un astrofilo dilettante che non aveva mai finito l’università, riuscì a prevedere il transito capendo l’errore di calcolo fatto da Keplero e correggendolo. Il transito del 1639 infatti non era stato previsto da Keplero, e fu visto, con ogni probabilità, soltanto da Horrocks dalla sua casa di campagna. 

1761 – Che colore è il cielo di Venere? 

Mikhail Lomonosov, un matematico russo, teorizzò che Venere avesse un’atmosfera, usando un rifrattore acromatico a due lenti e un filtro solare. Lomonosov vide un alone attorno al pianeta quando entrava ed usciva da davanti al sole, e capì che tale effetto era dovuto alla rifrazione dei raggi solari attraverso un’atmosfera. Attenzione però: il cielo di Venere non è blu come il nostro. A causa della spessa coltre di nubi a terra arriva solo il 3% dell’energia solare che arriva a noi, e il cielo è probabilmente un grigio-arancio molto cupo. 

1961-1964 – Rotazione retrograda

Fino al XIX secolo si credeva che il giorno venusiano fosse lungo 24 ore. Fu Giovanni Schiaparelli, intorno al 1860, il primo a proporre una rotazione assai più lenta. La rotazione di Venere fu misurata per la prima volta nel 1961, e nel 1964 venne confermata la rotazione retrograda (se lo potessimo vedere tra le nuvole, vedremmo il sole sorgere a ovest) e un giorno lungo 243 giorni terrestri (il giorno su Venere dura più dell’anno, che invece corrisponde a 225 giorni terrestri). La combinazione di una lenta rotazione e un’orbita abbastanza veloce fanno si che in un anno venusiano ci siano solo circa 2 giorni venusiani. 

1961 – Sputnik 7 e Venera 1 – ll primo tentativo

I Russi sono i primi a fare il tentativo di raggiungere Venere, lanciando lo Sputnik 7 con a bordo la sonda Venera 1. Una volta in orbita i motori dello Sputnik 7 vanno in avaria, a causa del fatto che nessuno avesse pensato che un trasformatore dovesse funzionare nel vuoto.  Lo Sputnik rientra alla base dopo un giro attorno alla Terra di 22 giorni. 

1962- Mariner 2 – la prima sonda

La prima sonda che riesce a raggiungere Venere è l’americana Mariner 2, che si avvicina e passa Venere, misurando una temperatura dell’atmosfera di circa 500 gradi. “Fa caldino” apparentemente disse il comunicato stampa.  

1966 – Venera 3 – il primo arrivo

Il primo marzo 1966 la sovietica Venera 3 diventa la prima sonda  a entrare nell’atmosfera di Venere. Le trasmissioni radio vanno in avaria (a causa del caldo estremo) prima di poterle chiedere come è stato l’atterraggio (sembra che comunque si sia schiantata al suolo).

1967 – Venera 4 – la prima sonda che riesce a trasmettere 

Venera 4 entra nell’atmosfera Venusiana il 18 ottobre 1967, confermando che l’aria su Venere non è delle migliori: l’atmosfera è fatta dal 95% da CO2 e la pressione a terra è fino a 100 atmosfere, che è come stare a 1 km in fondo al mare. A 25 km dal suolo Venera 4 soccombe al caldo e la pressione, precipitando senza freni attraverso la spessa coltre di nubi. 

1970 – Venera 7 e i suoi 23 minuti di gloria 

Venera 7 atterrò su Venere il 15 dicembre del 1970, diventando la prima sonda spaziale della storia ad atterrare sul pianeta. Durante la discesa il paracadute va in avaria e la sonda precipita in caduta libera alla velocità di 16 m/s, “atterrando” su qualcosa di duro. Venera 7 non durò molto, ma dalla superficie, con le antenne rotte, riuscì a trasmettere per 23 minuti, confermando che la temperatura su Venere non è ideale per coltivare i gerani: 475 gradi e 35 km di nubi. 

1989 – Magellano

Magellano, anche chiamato Venus Radar Mapper, è stata una navicella spaziale lanciata dalla NASA il 4 Maggio 1989 per mappare la superficie di Venere. Magellano è stata la quinta missione di successo che la NASA lanciò sul nostro vicino di casa, e per la prima volta, grazie alle immagini radar, si potè vedere com’è la superficie di Venere sotto le nubi: una terra rocciosa coperta da colate laviche, vulcani, e con solo poche zone che assomigliano a continenti, che emergono da quello che potrebbe essere stato, due miliardi di anni fa, un oceano. 

Curiosità: La NASA mantiene il sito originale della missione Magellano come “documento storico” dell’era primordiale di Internet. Lo potete trovare qui.

2005 – Venus Express e la prima volta degli Europei

Il Venus Express è stata la prima missione della European Space Agency (ESA) diretta esclusivamente verso Venere. Lanciata nel 2005, per 8 anni il Venus Express ha trasmesso dati relativi all’atmosfera, i venti e la circolazione Venusiana.

2010 – Akatsuki 

La sonda spaziale Akatsuki, anche chiamata il Venus Climate Orbiter (VCO) è una sonda nipponica per studiare l’atmosfera di Venere, e in particolare la sua stratificazione (se volete sapere perchè la stratificazione dell’atmosfera di Venere è importante, guardate il documentario che raccomandiamo sotto).

2030 – la NASA ritorna su Venere dopo quarant’anni di assenza. Il due giungo 2021 la NASA ha annunciato il suo ritorno su Venere con due missioni, DAVINCI+ e VERITAS, che dovranno studiare rispettivamente l’evoluzione dell’atmosfera Venusiana e la sua storia geologica (non è ancora chiaro se Venere ha la tettonica delle placche). Entrambe sono programmate per il lancio tra il 2028 e il 2030.


Over the Pop

Amazzoni botticelliane | La fantascienza ambientata su Venere risale alla fine del XIX secolo, quando divenne di dominio pubblico che Venere era simile alla Terra e possedeva un’atmosfera. Il fatto che fosse più vicino al sole richiamò automaticamente a un’idea di pianeta caldo, e questo, agli occhi degli autori del 1900, non poteva che voler dire una cosa sola: donne in bikini. Da Zsa Zsa Gabor nei panni della crudele regina Yllana in “La Regina di Venere”, al russo “Le donne del pianeta preistorico” (nel quale, grazie a un felice cross-over botticelliano, le donne non solo erano in bikini ma il bikini era fatto di conchiglie), passando per i fumetti di Planet Stories, nei quali Venere era abitata da amazzoni in reggiseni d’oro (perché appunto, faceva molto caldo), il genere fiorì e proliferò finché scoperte successive chiarirono senza ombra di dubbio che faceva troppo caldo anche per sopravvivere in reggiseno. La dura realtà distrusse irrimediabilmente il genere, che non si riprese più.   

Venus – Death of A planet | Questo documentario si trova sulla tv streaming Magellan TV. Se non avete l’abbonamento, ma non avete mai usato Magellan TV, potete comunque guardarlo gratis. Parla di un possibile terraforming di Venere costruendo delle basi spaziali che fluttuano nella parte alta dell’atmosfera. Molto fanta, e con un abuso fastidioso delle parole “tormentato”, “infernale” e “terribile”, ma abbastanza scientifico nel suo background e con delle interviste a scienziati di prim’ordine. 

Tori Amos “To Venus and Back” | Sperimentazione elettronica e strutture musicali imprevedibili per il quinto album in studio della musa di Neil Gaiman (Delirium in Sandman è ispirato a lei).


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EMMA GATTI è una scienziata con una laurea in geologia presso l’Università degli Studi di Milano – Bicocca, un dottorato in geochimica presso l’Università di Cambridge, e sei anni di esperienza da ricercatrice presso il NASA Jet Propulsion Laboratory e il California Institute of Technology di Pasadena. Dopo 12 anni all’estero è tornata a Milano e ha co-fondato Monnalisa Bytes, di cui è anche scrittrice e science editor. Le piacciono i fumetti, i gatti neri e i messaggi vocali.